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Okapi, Pruffoli

Questa è un’eccitazione auditiva! Una stimolazione musicale elettrizzante! E’ il genio articolato del ‘maestro’ Filippo Paolini, con un nuovo, scintillante, esotico, immaginifico suono. Corredato da un nuovo intimismo e da tagli sapientemente melodrammatici. L’apertura con ‘Chetamomil(la)’ in collaborazione con Niobe (Tomlab, Sonig) ha un tocco caldo e puramente seducente, grazie al fantastico intervento vocale di Till Albrecht Jann. I testi – scritti dal poeta ed artista brasiliano Roberto Cabot recitano: “ L’oceano sta divenendo sottile, il blu delle nostre anime, nell’aria l’idea di oblio ci ha lasciato una canzone, una volta avevo un amico…“. La traccia che titola l’album (per la Onglagloo Records della stessa Niobe) parla del destino di una immaginaria città del futuro. Potrebbe essere – per assurdo – una sceneggiatura scritta a quattro mani da Federico Fellini e F.Scott Fitzgerald, incrociata con la visione eclettica e lo stile anticonformista di un Terry Gilliam. Ed ancora una volta c’è lo zampino di Niobe, questa volta alla voce con un’interpretazione quasi oppiacea, vicina a certe cantanti del varietà anni ’20.

Okapi (nome con cui Filippo Paolini si è costruito una solida reputazione internazionale)  ha fatto del ‘campionamento’ un’arte. Ha inciso ripetutamente in solo per prestigiosi marchi (recentemente anche per l’ottima Illegal Art, casa di plagiaristi unici come People Like Us e Steinski), in duo come Metaxu ed in trio con Dogon (assieme a Massimo Pupillo degli Zu al basso). Si è esibito dal vivo per Radio Rai in un duetto di pregio con l’altro fenomenale turntablist Christian Marclay. Ma ancor di più può vantarsi di collaborazioni con pesi massimi della musica d’avanguardia tutta come Mike Cooper, Peter Brotzmann, Mike Patton, Matt Gustafson, Damo Suzuki, Andy EX o Kawabata Makoto. Il suo nuovo album è un pozzo di tesori, in pratica la tecnica del cut-up, unitamente ad una visione stravagante della computer music e dell’ hip-hop, apre ad un lavoro fatto di tanti piccoli paragrafi, una piccola enciclopedia della musica in cui vengono messe a soqquadro tutte le credenze popolari, seguendo un copione inedito. Si passa con grande nonchalance dall’exotica all’operetta, dalle big band liofilizzate alla musica para-industriale, in continui capovolgimenti di fronte che oltre ad assicurare un originale intrattenimento, ci mettono nella condizione di oziare di fronte a cotanta creatività.

 

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Unknown Mortal Orchestra, Multi-Love

C’è tanta carne al fuoco nel nuovo album di Unknown Mortal Orchestra, nominalmente uno dei dischi dal profilo più variopinto e signorile attesi in questo 2015. Distanziarsi dal mare magnum dell’indie-rock è stata più che una necessità una prerogativa.  ‘Multi-Love’  in uscita a maggio per Jagjaguwar è uno dei dischi più ambiziosi prodotti ad oggi dalla label, un lavoro capace di perpetrare un disegno pop geometrico, alimentando al contempo visioni progressive ed universali. Il titolo dell’album è esplicito, un concetto reiterato per tutta la durata del lavoro, quasi un’alchimia tra uomo e macchina. Le chitarre non sono così l’elemento di spicco, ma vengono centellinate per tutta la durata della micro-opera, lasciando sovente il passo ai sintetizzatori – necessariamente vintage – e a nuove tecniche di incisione e manipolazione. Tutto questo per sottolineare una nuova estetica, capace di sviare le più consone comande del ritornello-bridge-ritornello.

Una banca dati fatta di computer senzienti che ha consentito ai tre di spiccare il volo, utilizzando anche in maniera più creativa lo strumento voce. Per la piccola orchestra è fondamentale anche il ruolo dell’artista nella società dello spettacolo, non più un mero esecutore, ma un individuo capace di allestire e curare una mostra di eventi musicali in tempo reale, ruolo analogo in pratica a quello di un direttore di una piccola/media galleria d’arte. Non più una posizione passiva nell’economia del marketing discografico, bensì una voce concreta capace di emergere con idee e mezzi propri. A partire proprio dai quelle vecchie tastiere restaurate per l’occasione e riportate a nuova vita, capaci così di generare suoni inediti. Perché spesso è proprio nei timbri che si fa la differenza. Un’idea sovversiva a detta degli stessi protagonisti, pur rimanendo nei confini della forma-canzone.

E’ una sorta di nuova psichedelia che certo non ignora gli ultimi 40 anni in musica, spingendosi oltre i confini di questa stessa visione ed alimentando l’idea di una frontiera inesplorata. Quelli del leader Nielson sono battiti scolpiti che vanno a braccetto con synth cosmici (in bella mostra nell’ outro  “Stage or Screen”) offrendo ulteriore dimensione ad un genere noto per la sua espansiva creatività. Il punto è nel rivalutare la presenza di tastiere e chitarre sfidando il concetto di ‘old-fashioned’, Nielson mai è stato e mai sarà un purista. La sua è quasi una rivisitazione di quelle promesse e di quell ‘ottimismo che nei 60 furono argomento politico e non ultimo artistico. Il tutto sfiorando la disillusione che è figlia del nostro tempo. ‘Multi-love’ è così un album ancorato al passato ma sviluppato nel futuro, spalmato su  un arco temporale impressionante. E tante sono le immagini che saltano alla mente, dal Brian Eno in sansa glamour di passaggio dai Roxy Music alle prove soliste a piccoli grandi protagonisti del nostro tempo come gli  MGMT. Ma non lasciatevi ingannare da alcun paragone azzardato, il più multiforme pop spaziale si trova proprio tra questi solchi sperimentali.

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Chinese Men, Remix Showcase

Qualcuno di voi cerca un antidoto al primo caldo ? Qualcosa che possa accompagnarci in maniera non troppo celere verso i tramonti estivi ? Bene, sarà il caso di indirizzare lo sguardo Oltralpe, dove  la crew degli uomini cinesi è ovviamente di casa. Questo nuovo Ep esteso, che supera abbondantemente la soglia dei 30 minuti avvicinandosi dunque ad un  concept album, mette insieme alcuni esclusivi remix e tracce rigorosamente inedite. ‘Sho Bro’ è al solito prodotto dal marchio di casa Chinese Man Records, a dimostrazione di come il collettivo sia un’entità completamente a sé stante, capace di organizzare nel minimo dei particolari dall’attività promozionale a quella di booking, rimanendo fedele al proprio universo multikulti.

Sei è il numero di remix, due quello delle tracce esclusive: ‘Sho-Bro’ – con i featuring di 3 rapper emergenti della West Coast come A-plus, Pep Love & Knobody – e ‘The Reminder’. Nuova adrenalina che va ad aggiungersi ad un programma di per sé impeccabile, dove la statura internazionale del gruppo francofono è confermata dai nomi dei partecipanti.
High Tone, Al’Tarba, Chill Bump ed i produttori Smokey Joe and the Kid si uniscono al party con i loro esclusivi remix, ma il colpo gobbo arriva con la title-track rivista e corretta da un professionista del beat come DJ Nu-Mark ( dei blasonati Jurassic 5), che offre un taglio funky old school ad un rare groove di per sé travolgente. Amatissimi anche alle nostre latitudini, i Chinese Man continuano a seminare aromi neri e caraibici nella loro musica, lavorando di fino a quello che è un ibrido funk/soul immerso nella cultura reggae ed hip-hop.

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Saun & Starr, soul sisters

Vi siete mai chiesti che effetto faccia essere relegate al pur brillante ruolo di accompagnatrici canore ? Saundra Williams e Starr Duncan Lowe potrebbero trasmettervi alcune informazioni a riguardo… Il duo ha stretto una sorta di alleanza dopo un fruttuoso incontro in una serata a microfoni aperti in quel di Harlem, nel pieno degli anni ’80. Negli ultimi cinque anni il loro impegno costante è stato nello spalleggiare come backing vocalists Sharon Jones & The Dap-Kings, una responsabilità non da poco. Ora, come per incanto, le due prendono il centro del palco con il nome di battaglia di Saun & Starr, in concomitanza con l’arrivo del loro album di debutto schedulato il prossimo maggio per l’etichetta di casa: ovvero la Daptone.

‘Look Closer’ beneficia logicamente dei favori del team operativo di Brooklyn, lo stesso che ha messo in bacheca un Grammy come migliore etichetta black, la medesima squadra che ha aiutato in maniera vertiginosa la scalata del firmamento pop & soul come Mark Ronson e la compianta Amy Winehouse (registrando almeno sei pezzi per un disco cruciale come Back To Black nel 2008). Nessun dubbio queste signore siano in buona compagnia e letteralmente pronte a ‘macinare’ “Il  feeling di esser parte della famiglia Daptone mi lascia pensare ad una piattaforma dalla quale poter trasmettere in maniera libera ed autentica la passione per il suono con cui siamo cresciute” queste   le telegrafiche impressioni di una delle protagoniste: Duncan Lowe.

Con il singolo – ‘Look Closer (Can’t You See The Signs?)’ – che da il titolo all’album si inaugurano le danze; il programma prevede ulteriori 10 brani che danno seguito al fortunato ibrido neo-soul sperimentato nei laboratori di Brooklyn, consegnando ai posteri un ulteriore rivisitazione di quella musica che ha fatto provare autentici brividi a più di una generazione.

http://www.youtube.com/watch?v=gAHEsNYveik

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Steve Von Till, Sangue E Anima

Forse il titolo non ostenta fedelmente il concetto, ma ci si avvicina in maniera sostanziale: A Life Unto Itself non è semplicemente il titolo del quarto album in solo di Steve Von Till, quanto un’attendibile fotografia degli oltre 25 anni spesi nel forgiare, in comunione con i suoi ‘fratelli’, l’incomparabile forza musicale che sono i Neurosis (per non citare poi le avventure in parallelo con Tribes Of Neurot e con l’alter ego Harvestman). Potrete ascoltare questa ricca biografia musicale, ed unitamente a questa molteplici esperienze personali, nel suo nuovo cimento solista per Neurot.

Se nelle precedenti prove discografiche Steve ha scelto un approccio più tradizionale con numerosi punti di contatto con la tradizione folk europea ed americana, A Life Unto Itself espande il concetto, avventurandosi in territori inediti per il suo protagonista. Il suo distinto timbro vocale ed i fumosi arrangiamenti acustici alla sei corde contribuiscono alle fondamenta del progetto, preparando però il terreno ad una varietà di tessiture sonore. Arrangiamenti ambiziosi che ricorrono anche all’utilizzo di sintetizzatori vintage, sublimi sezioni d’archi, percussioni sparse e chitarre elettriche. Steve nella sua narrazione si riferisce a visioni genuine, memorie intime ed autoriflessioni che lasciano intravedere quasi un sentire orientale.

Un album capace di regalare un’evocativa collezione di ballate celtiche, ossessive canzoni folk, oscura psichedelia ed abbacinante americana, trasportando integralmente anima e cuore in questa creazione. Se vi abbandonate  senza alcun preconcetto al fluire dell’opera il ritorno potrebbero essere stupefacente.

http://www.youtube.com/watch?v=74iAxE5Vmtc

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Stetson-Neufeld, L’ Arte Del Duo

Due dei più acclamati solisti (in veste strumentale) di casa Constellation uniscono le forze in un nuovo album fatto di composizioni originali per violino e fiati. Colin Stetson ha sviluppato una voce unica nei panni di compositore e performer, principalmente utilizzando la forza d’urto del sax basso e tenore, facendo ricorso ad una serie di tecniche estese quali la respirazione circolare, i microfoni a contatto applicati all’interno dello strumento e sul suo stesso corpo ed i vocalizzi nell’ancia. I suoi lavori nonostante le decise componenti avant sono sempre apparsi accattivanti ed organici, sorretti da un’anima oscura e comunque ricercatissimi nell’ambito della musica strumentale contemporanea. La sua brillante trilogiaNew History Warfare (2007-2013) gli ha consentito di guadagnarsi un ruolo di tutto rispetto nei meandri del jazz più avanzato, solleticando anche le fantasie dei cultori del minimalismo, della classica contemporanea, dell’elettronica e di certo avveduto indie-rock.

Il lavoro di violino in solo di Sarah Neufeld è emerso più recentemente, a cavallo tra il 2011-2014, nel periodo in cui la sua band principale – gli Arcade Fire – ha licenziato gli ultimi due dischi. Per nulla estranea alla composizione moderna ed al minimalismo come pratica (la ricordiamo protagonista con la Bell Orchestre dai primordi degli anni zero) la  Neufeld ha forgiato un più distinto linguaggio autonomo, unendo alla sensibilità cameristica la fascinazione per il rock, il folk e la musica, percorso culminato nella pubblicazione del debutto ‘Hero Brother’ del 2013.

I due iniziano a confrontarsi durante i rispettivi tour solisti del 2012, avvicinandosi episodicamente in alcuni e selezionati episodi in scaletta. Un’amicizia ed una stima reciproca, consolidata anche dalle brevi frequentazioni di Stetson con Bell Orchestre e Arcade Fire (la Neufeld assieme al polistrumentista Shahzad Ismaily ha composto poi con il sassofonista un trio d’improvvisazione, celebre per la colonna sonora di  Blue Caprice). Il materiale è stato concepito nel 2014 e testato dal vivo durante alcune  performance nei maggiori appuntamenti internazionali dedicati alla musica di ricerca come il Festival de Musique Actuelle de Victoriaville (Canada) ed il tedesco Moers Festival. ‘Never Were The Way She Was’ è stato registrato senza overdubs, loop o campionamenti, rispettando una piena estetica live nel celebre studio/fattoria di Hans Bernhard nel Vermont e mixato a Montreal da Mark Lawson (Arcade Fire).

Le espansive traiettorie soniche e le molteplici strutture e voci dell’album, rispettano l’economia fondamentale di due strumenti acustici combinati in tempo reale. Il risultato è una narrazione musicale che stabilisce in maniera decisa il suo orizzonte spazio-temporale, un’ipotetica colonna sonora che prevede grande capacità immaginativa. Dagli ostinati poliritmi in filigrana di  “The sun roars into view” e “In the vespers” ai toni allungati di “And they still move”, il drone dark dell’assurdo valtzer “With the dark hug of time” fino all’epico pezzo centrale “The rest of us”, in cui Stetson e la Neufeld offrono un’ incredibile (e diversa) integrazione nelle fasi compositive e performative, dove la sovrapposizione di timbri e tessiture appare impressionante. Mai la somma delle due parti è stata così convincente.

http://www.youtube.com/watch?v=rFUVLGqsgts

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Mikal Cronin, MCIII

Il ritorno di Mikal Cronin con ‘MCIII’ per Merge è sintomatico di un modo di intendere melodie ed arrangiamenti atipico, seguendo un nuovo corso che in qualche misura lo allontana dai sommovimenti nevralgici che investirono il Northwest agi albori dei novanta. Un disco fatto di liriche strettamente personali, contraddistinto dal canto del nostro che si staglia su universo (power) pop invitante. Una produzione intesa a far di Cronin una futura stella del mercato indipendente, tanta la cura con cui i brani sono stati prodotti, alla ricerca di una perfezione formale che solo una grande mente avrebbe potuto concepire. Perché Cronin fa tutto – incredibilmente – in grande autonomia, simulando le imprese di un’orchestra rock (una E-street Band dei nostri giorni ? degli ELO imbizzarriti ?) ed affacciandosi su quei territori FM che rappresentano oggi linfa vitale per un circuito altrimenti in debito d’ossigeno.

Ha fatto quasi tutto da sé,  approfittando finanche di uno tzouras, uno strumento tradizionale a corda greco che ha testato e successivamente acquistato durante un passaggio del suo tour ad Athens, Georgia. C’è un corno francese, un sassofono ed una tromba. Ci sono crescendo che alterano il sentimento comune e cambi di registro che arrivano direttamente al cuore, chitarre allo stesso tempo sfarzose e  battagliere. Per nulla soddisfatto del suono di un singolo ‘suonatore di archi’, Cronin ha addirittura arrangiato parti per un quartetto completo. “E’ una continuazione di quello che ho provato a fare fino ad oggi, ma ho trovato un modo migliore di farlo” ci tiene a precisare. “Sto cercando il modo di approcciare in maniera più fruttuosa questi elementi inaspettati, tessiture e strumenti in un contesto armonioso, al fine di condensare il tutto nella maniera più credibile possibile. Mi piace correre su questa linea di confine, come trovare nuove opportunità di mettere insieme diversi universi musicali” I risultati sono oltremodo invitanti, potete giurarci.

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DOC100CD

Tallest Man On Earth, Enter The Darkside

‘Dark Bird Is Home’ (in uscita a maggio per Dead Oceans) non dà certo l’impressione di giungere da uno spazio-temporale preciso come da un singolare mangianastri. Le canzoni ed i suoni sono stati per l’appunto catturati in diversi paesi, studi e addirittura fienili, mantenendo così una caratteristica ‘temporale’ unica, rispettando una qualità che alternasse sporcizia e grinta. Se siete dei seguaci della prima ora di The Tallest Man On Earth, comprenderete ben presto come Dark Bird paga magari pegno ad alcuni di quei vecchi dischi con cui siete cresciuti, battendo nuovi luoghi che imparerete ad apprezzare nella stessa misura. Se questo è il vostro primo incontro con l’artista, siate pur certi che qualcuno sarà geloso della vostra posizione. Apprezzerete queste canzoni, con la coscienza di dovervi ancora confrontare con almeno 40 gemme estratte dagli album e singoli precedenti. Sin dalle prime note di Dark Bird, ascoltiamo altre voci e suoni come accompagnamento all’ugola di Kristian Matsson. Una di queste, accreditata su disco come Angel Vocals, viene fuori ripetutamente all’interno del disco, aggiungendo nuovi colori ad una pozione pur sempre familiare. Una storia ed un progetto che in questa maniera crescono e si espandono. Il primo brano del disco conserva una grande intuizione al piano oltre ad un discreto arrangiamento di fiati … tempo di giungere alla seconda traccia e l’area si fa scabrosamente rock’ n’ roll. L’artista è nel suo stato di grazia, mai così personalmente diretto, più oscuro e profondo rispetto al recente passato, abile neò giocare carte a sorpresa all’interno di un disco che in fondo sintetizza un nuovo inizio.

Le melodie e gli arrangiamenti sono robusti e classici, proprio come quelle vecchie automobili o quegli indimenticati orologi a muro. Il modo in cui vengono impacchettati i testi è alla stessa maniera confortante ed allarmante, come affacciarsi su un panorama fatto di alberi giganti e colline sterminate. Gli altri musicisti coinvolti nelle registrazioni non fanno altro che aggiungere livelli ed allargare la lente con cui si affrontano i temi familiari. La paura e le tenebre, il sonno o la mancanza dello stesso, i sogni nell’oscurità e ad occhi aperti. Muoversi, abbandonare, andare. Distanze e piccoli stop, lunghe linee dritte, spazi temporali. Più speranzosamente, un gratificante aggancio ad un partner di viaggio, una mente da guarire. Fate attenzione a questo album, allo stesso tempo il suo più rumoroso ed orgoglioso, ma anche il più soffice. Nei prossimi mesi il tour di Dark Bird raggiungerà la vostra città, o quanto meno vi si avvicinerà e per la prima volta Kristian sarà accompagnato da una band al completo sul palco.

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PF22CD

Wire, Eterna Giovinezza

Esattamente dall’anno della loro nascita – il 1976 – proprio a due passi dalla rivoluzione contro-culturale del punk, i Wire hanno creato musica in una maniera sovversiva ed oltremodo concettuale, appartandosi con decisione in universo singolare, distanti anni luce dalle idee dei loro contemporanei. Per Colin Newman ovviare alle perentorie trovate della tradizione è stato quasi un obbligo: la progressione dei tre accordi è stata da sempre semplicistica, meglio dunque optare per un solo che potesse ripetersi all’infinito nell’accorato gioco minimalista. O anche due accordi che invece mettessero in evidenza una palese dissonanza.

L’altro tratto saliente per il bassista/cantante Graham Lewis è da ricercarsi nella loro identità, definita dai più oscura e misteriosa. Una posa del resto non calcolata, cui il gruppo ha ovviato con una corroborante dose di ironia. Il tipico humor inglese in buona sostanza, pur se sepolto sotto detriti di elettricità. ‘I feel mysterious today’ del resto recitava uno dei loro più celebri affondi.

Tornata stabilmente in attività la band ci regala il suo tredicesimo album in studio, semplicemente omonimo, comprendente materiale in primis testato dal vivo, fatta eccezione per un singolo brano che Colin Newman ha portato in sala di incisione. L’idea era quella di ottenere la più spontanea reazione dai musicisti. Il disco è pieno di melodie pop, pesantemente influenzate dal sixties sound ma pur sempre trasversali. Assieme ai classici ritmi motorici sono identificabili i tratti salienti del loro vocabolario, anche se con una rinnovata freschezza di fondo. Le tracce base sono state registrate presso i Rockfield Studios di Monmouth, con le sovraincisioni perfezionate al Brighton Electric lo scorso dicembre, a seguito del festival organizzato dalla stessa band a Brighton:  DRILL (proprio come l’album pubblicato per Mute nel 1991). Le 11 tracce presenti in scaletta sono quelle più genuine, nel rispetto delle quattro distinte personalità che ad oggi compongono il gruppo, compresa quella del più giovane chitarrista Matthew Simms, che ha circa 30 anni in meno della media dei membri fondatori. Ed è stato proprio Matt ad accelerare talune dinamiche, rendendo indispensabili le nuove composizioni in termini di catartica energia.

Un gruppo che non si è mai sminuito, alla ricerca di un’eterna fonte di giovinezza che potesse renderne il mito eterno.

http://www.youtube.com/watch?v=obaHP_7eV6I

CDCHD1414

Ciao Bella! Italian Girl Singers Of The 60s

Quella assemblata da Ace è una fotografia impeccabile dell’ italian way of life nel periodo del pieno del boom economico. Tutte le più importanti voci della canzone italiana, vere e proprie icone di stile esaltate non solo nel circuito della moda e della pubblicità, ma anche nei più riservati ambienti discografici internazionali. Una raccolta che punta sugli evergreen della canzone pop, seguendo una precisa estetica che vedeva affiancate alcune delle voci più rappresentative del panorama italico a formidabili arrangiatori e direttori d’orchestra.

Ennio Morricone è responsabile per gli arrangiamenti di ‘Non E’ Mai Tardi’ di Rita Monico, ma il suo tocco magistrale è forse determinante in quella ‘Se Telefonando…’  – il cui testo fu scritto ad hoc da Maurizio Costanzo e Ghigo De Chiara, al tempo curatori del programma radiofonico ‘Aria Condizionata’ –  che fece di Mina una star internazionale (tanto da spingere un’altra eroina del tempo – François Hardy – a rivisitarla tanto in francese quanto in italiano).

Ancora da urlo la ripresa di ‘Baby Please Don’t Go’ (Sono Qui Con Voi)  – il classico blues di Big Joe Williams, qui interpretato seguendo le orme dei Them di Van Morrison – del ‘casco biondo’ Caterina Caselli. E poi l’irresistibile beat dei Brunetta E i Suoi Balubas con ‘Baluba Shake’, ‘Il Geghegè’ di Rita Pavone, ‘Ragazzo Triste’ di Patty Pravo (in pratica un versione di ‘But You’re Mine’ di Sonny & Cher) , la sensuale ‘La Notte E’ Fatta Per Rubare’ di Catherine Spaak. 24 brani compilati da Mick Patrick, con un booklet ‘manifesto’ contenente estese note di copertina ed immagini esclusive dei singoli d’epoca.

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