Unknown Mortal Orchestra – Multi-love

C’è tanta carne al fuoco nel nuovo album di Unknown Mortal Orchestra, nominalmente uno dei dischi dal profilo più variopinto e signorile attesi in questo 2015. Distanziarsi dal mare magnum dell’indie-rock è stata più che una necessità una prerogativa.  ‘Multi-Love’  in uscita a maggio per Jagjaguwar è uno dei dischi più ambiziosi prodotti ad oggi dalla label, un lavoro capace di perpetrare un disegno pop geometrico, alimentando al contempo visioni progressive ed universali. Il titolo dell’album è esplicito, un concetto reiterato per tutta la durata del lavoro, quasi un’alchimia tra uomo e macchina. Le chitarre non sono così l’elemento di spicco, ma vengono centellinate per tutta la durata della micro-opera, lasciando sovente il passo ai sintetizzatori – necessariamente vintage – e a nuove tecniche di incisione e manipolazione. Tutto questo per sottolineare una nuova estetica, capace di sviare le più consone comande del ritornello-bridge-ritornello.

Una banca dati fatta di computer senzienti che ha consentito ai tre di spiccare il volo, utilizzando anche in maniera più creativa lo strumento voce. Per la piccola orchestra è fondamentale anche il ruolo dell’artista nella società dello spettacolo, non più un mero esecutore, ma un individuo capace di allestire e curare una mostra di eventi musicali in tempo reale, ruolo analogo in pratica a quello di un direttore di una piccola/media galleria d’arte. Non più una posizione passiva nell’economia del marketing discografico, bensì una voce concreta capace di emergere con idee e mezzi propri. A partire proprio dai quelle vecchie tastiere restaurate per l’occasione e riportate a nuova vita, capaci così di generare suoni inediti. Perché spesso è proprio nei timbri che si fa la differenza. Un’idea sovversiva a detta degli stessi protagonisti, pur rimanendo nei confini della forma-canzone.

E’ una sorta di nuova psichedelia che certo non ignora gli ultimi 40 anni in musica, spingendosi oltre i confini di questa stessa visione ed alimentando l’idea di una frontiera inesplorata. Quelli del leader Nielson sono battiti scolpiti che vanno a braccetto con synth cosmici (in bella mostra nell’ outro  “Stage or Screen”) offrendo ulteriore dimensione ad un genere noto per la sua espansiva creatività. Il punto è nel rivalutare la presenza di tastiere e chitarre sfidando il concetto di ‘old-fashioned’, Nielson mai è stato e mai sarà un purista. La sua è quasi una rivisitazione di quelle promesse e di quell ‘ottimismo che nei 60 furono argomento politico e non ultimo artistico. Il tutto sfiorando la disillusione che è figlia del nostro tempo. ‘Multi-love’ è così un album ancorato al passato ma sviluppato nel futuro, spalmato su  un arco temporale impressionante. E tante sono le immagini che saltano alla mente, dal Brian Eno in sansa glamour di passaggio dai Roxy Music alle prove soliste a piccoli grandi protagonisti del nostro tempo come gli  MGMT. Ma non lasciatevi ingannare da alcun paragone azzardato, il più multiforme pop spaziale si trova proprio tra questi solchi sperimentali.

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