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Disappears, Irreal

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‘Irreal’, il quinto album della piccola istituzione di Chicago, è un altro viaggio all’interno della tana del coniglio, tanto per usare un eufemismo caro agli inglesi. Del resto la musica dei Disappears ha sempre trovato ampli margini espressivi proprio sull’onda di una esposizione sintetica del verbo psych. Cresciuti all ‘ombra della rivoluzione post-punk – sfociata in altri termini in quella post-rock – i nostri hanno trovato in  Brian Case un leader eclettico, capace di ricavare le giuste informazioni da uno stile sempre sul filo del collasso emotivo. Del resto la nevrosi e la ricerca di una continuità intellettuale sono stati il pane del suo primo gruppo ‘importante’ , i 90 Day Men, stessa scuola di talenti da cui è emerso Robert Lowe (Om,  Lichens). E’ bene tornare su quei luoghi, perché laddove il sacro fuoco della Touch & Go andava estinguendosi, altre realtà si sarebbero progressivamente involate sulla scena.

La stessa Kranky, altra istituzione della windy city che sin dagli esordi ha preso sotto la sua ala protettrice i Disappears. Sulla stregua del libro esperienza di Lewis Carroll, il disco funziona un pò come una sequenza onirica, dove basi simil dub prestano il fianco agli esperimenti più oltraggiosi compiuti dalla band ad oggi. Se il loro ultimo album ‘Era’ confermava l’idea di un viaggio singolare, ‘Irreal’ è il luogo in cui quei percorsi si materializzano definitivamente. Un altro indizio: un veterano come Steve Shelley dei Sonic Youth li ha seguiti in tour, come a certificarne l’assoluta originalità. E’ quasi un plot ballardiano quello che attraversa il disco, si parla di macchine e di identità smarrite, dove le camere d’eco sono lo specchio di un inquietante futuro. Una coltre industriale, il sapore letargico della cold-wave, l’arma della dissuasione attraverso la parola. Il gioco ipnotico dei Disappears è oggi quanto meno invitante, proprio perchè capace di raggelare le più astratte contingenze dell’art rock. Ritmi dispari in sospensione, quasi una matrice This Heat, unitamente ad un gelido scandire che fa molto Cabaret Voltaire.

Qui siamo all’apice della scomposizione in tessere, quello interpretato dai Disappears è un gioco dialettale difficile e per nulla stereotipato.  Una meccanica eterna fatta di esoterismi urbani e cronistorie dal buio dell’anima. Prodotto da John Congleton presso gli studi istituzionali Electrical Audio di Chicago, ‘Irreal’ è lo spazio tangibile in cui art rock e post-punk collassano su sé stessi. Una riflessione sul nulla odierno, un rumore felpato, uno dei gruppi simbolo del deforme underground americano. Un piccolo grande masterpiece.

http://www.youtube.com/watch?v=6oH2xn4r-E0