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Sleaford Mods, Key Markets

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Il duo di Nottingham torna prepotentemente sulle scene dopo l’ultimo antologico licenziato da Ipecac, giunto a conclusione di un trionfale 2014 per loro. Questo è il loro terzo album sulla lunga distanza e vedrà ancora una volta luce per i fedeli coevi di Harbinger Sound, la piccola indipendente di credo abstract-punk che sin dai primordi ha puntato su di loro. Il disco – schedulato per il 10 di luglio – sarà albergato in una confezione apribile creata d hoc da Steve Lippert e sarà masterizzato da Matt Colton presso lo studio Alchemy. Per tutto il resto, rivolgetevi ai soliti Sleaford Mods.
“Key Markets era un enorme supermercato situato proprio nel centro di Grantham dagli albori degli anni 70 fino alla prima metà degli ‘80,” ci spiega Jason Williamson. “Mia madre era solita portarmi in questo remoto centro commerciale, dove di solito bevevo una coca-cola grande in un ampio bicchiere di plastica arancione circondato da  rifiniture in legno verniciato e grandi paralumi con fiori. Mattoncini beige e punti vendita in giallo acceso con ampie lettere in schiuma nera  catturavano la tua attenzione. Ed è questo il motivo per cui abbiamo deciso di titolare il disco ‘Key Markets’. E’ il prosieguo della routine giornaliera dal nostro punto di vista, in uno scenario tutt’altro che incredibile”. L’album è stato registrato in diversi momenti tra l’estate del 2014 e l’ottobre dello stesso anno. Abbiamo lavorato in grande velocità come nostro solito, in pratica seguendo le stesse metodologie dei lavori precedenti, anche se c’è un’ovvia progressione nel suono. Pur essendo per certi versi astratto ‘Key Markets’ continua ad interfacciarsi con il disorientamento dell’esistenza moderna. Continuando ad affrontare temi come l’assassinio della personalità  e la grande delusione nelle politiche governative, assolutamente prive di direzione. Un classico, che siano maledetti”
Musicalmente parlando è quasi chirurgica l’attenzione con cui preparano le loro basi. Il calderone della wave britannica (e non) continua a rappresentare la fonte primaria di ispirazione per i nostri, che sezionano bassi e batterie da remoti dischi post-punk e white funk deliberando il proprio assalto sonoro con atteggiamento marziale. I campioni originali vengono sfaldati e l’effetto da pugno nello stomaco diluito, anche se le parole di Jason Williamson sono tese come una corda di violino. La sua espressività così magnetica da renderlo uno dei performer più in vista del nostro tempo.

 

 

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