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CANARIE foto ufficiale

Ascolta il singolo ‘Bolero’, esordio tropical pop del duo CANARIE

CANARIE
Ascolta il singolo ‘Bolero’, esordio tropical pop del duo Canarie
. Guarda il lyric video di ‘Bolero’ – 

 

Bolero è il primo singolo di Canarie, il nuovo caldo habitat musicale creato da Paola Mirabella (honeybird & the birdies) e Andrea Pulcini (Persian Pelican). 

Il brano fotografa con ironia come le stagioni della passione e gli oscuri oggetti del desiderio cambino con il passare del tempo.

Paola e Andrea a proposito del brano: “Il titolo prende spunto dalla celebre coreografia che Maurice Béjart ideò per il Bolero di Ravel. Su di un grande tavolo circondato da un pubblico indefinito, i due protagonisti della storia mettono a nudo la loro vita di coppia. Una danza erotica e viscerale che si snoda instancabilmente su se stessa. Una storia troppo conosciuta e allo stesso tempo sempre nuova”.

 

Copertina Bolero 3 (1)

Info CANARIE:
. https://www.facebook.com/pg/canariemusica/
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. https://www.youtube.com/channel/UCmfVraXyMOc3-sFSdGq-aWQ

Briana+Marela+Photo+by+Kaitlin+Bodiroga

Briana Marela, primo album su Jagjaguwar

briana-marela-all-around-us

Briana Marela è una giovane artista di Seattle, una cantautrice dall’animo moderno capace di unire l’amore per la chitarra classica con le orchestrazioni dei Sigur Ros e delle Amiina. Nel 2012, durante il tour di supporto del suo primo disco, Briana ha conosciuto il fotografo Scott Alario che la ha messa in contatto con il musicista e produttore Alex Somers, compagno di vita e stretto collaboratore di Jonsi dei Sigur Ros. Proprio con l’aiuto di Alex Somers Briana ha iniziato a lavorare su ‘All Around Us’ debutto per Jagjaguwar. Il debutto di Briana è stato registrato in Islanda, dove Briana Marela ha raggiunto Alex per lavorare nel paese che ha reso unici i lavori di Sigur Ros, Bjork e Olafur Arnalds.

La magia creata dalla collaborazione tra i due è particolarmente evidente sul brano ‘Surrender’, con la delicata voce di Briana in evidenza e la ricercata produzione di Alex in sottofondo. L’esordio di Briana è magia bianca, ancestrale e vicina alla natura, un richiamo bilanciato dall’amore per il folk e i beat ricercati della produzione di Alex Somers. ‘All Around Us’ è un album che incanterà i fan dei Sigur Ros e delle Amiina, capace di ricordare in alcuni passaggi la ricerca stilistica di Julianna Barwick.

Briana Marela sarà in tour per tutta l’estate e il suo esordio ‘All Around Us’ pubblicato da Jagjaguwar il 21 Agosto.

Info:
http://www.brianamarela.com/
https://www.facebook.com/brianamarelamusic

 

 

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Jenny Hval, l’apocalisse della ragazza

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Per chi abitualmente frequenta il catalogo Rune Grammofon e le vicissitudini della musica indipendente scandinava, il nome di Jenny Hval non suonerà certo inedito. Questa è la sua – letterale – benedizione internazionale sotto l’egida di Sacred Bones, che ne pubblica la nuova fatica discografica. Il suo nuovo album si inaugura con una citazione del poeta danese Mette Moestrup, e continua affacciandosi oltre l’abisso. La ragazza dell’apocalisse riportata nel titolo, rivela una narrativa allucinante sospesa tra realtà e finzione, un’ opera che del sogno febbrile fa tesoro, indagando in quella colorata sospensione spazio-temporale tra morte e rinascita. Il tutto raccontato con il linguaggio trasgressivo della musica pop.
Quando la leggenda noise norvegese Lasse Marhaug ha intervistato Jenny Hval per la sua fanzine nel 2014, hanno iniziato a discorrere di film e la conversazione si è rivelata così interessante da spingere la nostra a chiedere una supervisione allo stesso Marhaug per il suo album successivo. L’argomento cinematografico si è rivelato un punto focale nella produzione da studio. Le canzoni della Hval si sono progressivamente evolute dal corpo gelido costituto da sparute forme melodiche e di loop al computer, grazie ai contributi dei colleghi usuali Håvard Volden e Kyrre Laastad. Fino ad arrivare alle esplorazioni totali del corpo musicale con l’ingresso di esterni quali Øystein Moen (Jaga Jazzist/Puma), Thor Harris (Swans), e dei campioni della musica da camera improvvisata  Okkyung Lee (cello) e Rhodri Davis (arpa). Tutti questi musicisti hanno almeno due cose in comune: sono feroci nel loro approccio pur conservando un grande orecchio per l’intimità, e la loro capacità è proprio nell’udire musica tanto nella chiusura di una valigia quanto in una melodia meravigliosa. Questo disco è così una bestia, almeno visivamente parlando. Immaginate una vecchia pellicola di fantascienza dove le ragazze del coro gospel sono in realtà delle eroine punk che comandano il mondo con i loro impulsi auto-erotici. Jenny Hval ha sviluppato un suo stile unico e per certi versi autobiografico, a partire dal suo debutto nel 2006. Ha toccato vertici artistici importanti nel 2013 con ‘Innocence Is Kinky’ (Rune Grammofon), ponendo in maniera definitiva il linguaggio al centro delle sue composizioni, inseguendo così le teorie di una grande innovatrice come Laurie Anderson.
’Apocalypse Girl’ è una di quelle rappresentazioni originali che non temono repliche, la dimostrazione di come il pop possa ancora divenire un’arma sensuale e velenosa allo stesso tempo, ribadendo i suoi contatti con le avanguardie storiche. In questa ricerca estenuante Jenny riesce a dare forma compiuta ai suoi esperimenti canori, conquistando con un’arma rara: la familiarità.

 

 

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C Duncan, eclettismo pop

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‘Architect’ è l’album di debutto per Fat Cat  del nuovo talento scozzese di Glasgow C Duncan, i cui precedenti singoli (tutti presenti nell’album) hanno già raccolto ampi consensi tra stampa e radio locali. Il disco è stato scritto e registrato in solitaria proprio nella città natale in uno studio casalingo attrezzato per l’occasione, aggiungendo gradualmente strati sonori e singoli strumenti, in modo da garantire il giusto respiro alle composizioni. Come compositore il nostro ha una formazione classica – essendosi laureato al Royal Conservatoire di Scotland – un’altra chiara ed evidente influenza visibile nella sua scrittura, nel corpo delle tessiture e nei meticolosi arrangiamenti.
Figlio di due musicisti classici, Christopher è stato attratto in maniera molto persuasiva dall’universo indie ed alternative, esibendosi con certo profitto all’interno dei circuiti scolastici e successivamente al college. La sua preparazione accademica – viola e pianoforte i suoi strumenti di riferimento – gli ha permesso di approcciarsi con grande elasticità anche ai più ortodossi chitarra, basso e batteria, raggiungendo così una completezza quasi unica, nella marcia di avvicinamento alla definizione di one-man band. Ovviamente per le esibizioni dal vivo Christopher si è dovuto rivolgere a comprimari di fiducia, in modo da riprendere compiutamente le sue composizioni dal vivo. Il tour europeo ed americano che seguirà la pubblicazione del disco sarà un’ulteriore banco di prova. La copertina di ‘Architect’, una visione aerea dettagliata e molto stilosa delle strade di Glasgow, è stata creata dallo stesso Christopher, a dimostrazione di un talento universale. Del resto i suoi lavori sono stati esposti presso le migliori gallerie d’arte scozzesi.
Come si muove musicalmente il nostro ? Con grande naturalezza tra forme neo-classiche e pop contemporaneo, rivedendo peraltro certi recenti sviluppi folktronici ed il lascito etereo di una label come 4AD. Duncan cita nomi come The Knife, Flying Lotus, Cocteau Twins e Burt Bacharach tra le sue influenze, in realtà potremmo aggiungere anche Brian e Dennis Wilson ed il Four Tet più attratto dai sotterfugi sperimentali. Una rivelazione a tutto tondo, non c’è che dire.

 

 

 

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The Last Hurrah!!: Mudflowers

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Nella giovane Maesa Pullman il leader dei The Last Hurrah!! HP Gundersen ha trovato finalmente la voce ideale per il suo progetto in continua evoluzione, circostanza a cui teneva – evidentemente – più di ogni altra cosa. Dopo aver esplorato le possibilità della chitarra drone nel debutto “Spiritual Non-Believers” e la rivalsa della forma-canzone nel successivo “The Beauty Of Fake”, HP torna con un terzo album che si affaccia con grande competenza nel mare magnum della più classica tradizione pop e folk-rock, valutando una produzione vintage che potesse far convivere elementi di country ed Americana, brit-pop, psichedelia, blues e finanche soul. Il caporedattore di Rolling Stone David Fricke ha scritto in esclusiva le note del disco sottolineando che: “probabilmente avrete ascoltato tutto questo prima, ma – credetemi – mai in questa forma “.
HP Gundersen è stata una figura centrale nella vibrante scena musicale di Bergen, Norvegia, per oltre 3 decenni, sia nel ruolo di produttore che in quello di compositore e mentore. Nel ruolo di produttore va a lui attribuita la scoperta ed il lancio di Sondre Lerche, come una fervida attività che lo ha visto dietro al banco di regia per la realizzazione di oltre 50 album, considerata anche la bellissima avventura con il mito Tim Rose nel suo disco di commiato “American Son”. Songwriter, chitarrista e pianista, Maesa Pullman giunge dalla florida scena del sud della California, dove si è guadagnata un ruolo centrale nella comunità roots. Sua cugina Rosa Pullman è la vocalist d’eccezione in due brani del disco “You Ain´t Got Nothing” e “Those Memories”.
Tra i musicisti coinvolti nel disco non solo alcune delle menti più fervide del circuito norvegese, ma anche una serie di prestigiosi ospiti americani come Marty Rifkin (Springsteen, Petty, etc) alla pedal steel, John Thomas (Captain Beefheart) all’organo Hammond, Kiel Feher alla batteria e Jason Hiller al basso. ‘Mudflowers’ per la sempre più eclettica Rune Grammofon è sin d’ora una delle più sorprendenti ascese verso il pop d’autore, con buona pace degli integralisti. Un sublime viaggio nella tradizione europea e in quella a stelle e strisce, riportando in essere aromi ancestrali e torch songs senza tempo.

 

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The Other Side Of Rickie Lee Jones

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Per due volte vincitrice del Grammy, Rickie Lee Jones esplose letteralmente nella scena pop con il suo seminale album di debutto omonimo, continuando poi a sperimentare sul suono e sulla sua stessa persona nel corso di una carriera costellata da grandissimi risultati artistici. 15 album unanimemente acclamati dalla critica e da un pubblico di estrazione roots (ma non solo), per un’autrice tra le più brillanti del nostro tempo. L’ultima offerta da studio porta il titolo di ‘The Other Side of Desire’, un disco scritto e registrato in quel di New Orleans. Città cui la nostra e’ fortemente ancorata, se pensiamo che la Jones vive proprio sul lato opposto della strada resa celebre da un’istituzione locale come Tennessee Williams. Prodotto da un tecnico esperto come John Porter (Roxy Music, The Smiths, Billy Bragg) e Mark Howard, questo è il primo lavoro sulla lunga distanza cui Rickie ha lavorato da oltre un decennio a questa parte.

“Questo disco è ispirato dai numerosi anni trascorsi nell’attesa di eventi cruciali nella mia vita, fino a giungere al momento della composizione, con la capacità di ritrarre compiutamente proprio quegli attimi salienti” queste le sue parole. “Sono arrivata a New Orleans con lo scopo di scrivere e vivere in una maniera diametralmente opposta al lifestyle della costa occidentale… Ecco così un altro album, fatto della mia immaginazione e di qualsiasi altra cosa non si possa descrivere a parole, utilizzando l’argilla di questo posto e le forme dei miei occhi per creare qualcosa che potesse restituire una fotografia nitida della mia vita, o del mio cuore, qualcosa che io sola possa comprendere fino in fondo e che gli altri – mi auguro – possano compiutamente apprezzare”

Più di ogni altra cosa continua a valere la definizione con cui Rolling Stone ne cristallizzò il mito : una combinazione di coraggio e vulnerabilità che si affaccia su confini indefiniti.

 

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Bettye LaVette performing at the Highline Ballroom, 5/26/10, New York City

Bettye Lavette, queen of soul

Bettye LaVette performing at the Highline Ballroom, 5/26/10, New York City

Bettye LaVette performing at the Highline Ballroom, 5/26/10, New York City

Bettye LaVette è una vera e propria leggenda musicale, con un carriera di oltre 50 anni alle spalle è oggi riconosciuta tra le più grandi interpreti della musica soul e pop. Una carriera strepitosa fatta anche di preziose apparizioni, come quella al fianco di Jon Bon Jovi durante il discorso inaugurale del presidente Barack Obama alla Casa Bianca nel 2009. O anche quella solida rivisitazione di Love Reign O’er Me degli Who al Kennedy Center Honors in un tributo che ha fatto letteralmente commuovere Pete Townshend e paralizzato Roger Daltrey. La sua discografia abbraccia così 5 decadi, ma è proprio nell’ultima che è stata finalmente riconosciuto il suo valore tra le migliori voci femminili d’America.

Nel2005 haregistrato l’album I’ve Got My Own Hell to Raise, che è valso anche una nomination al Grammy al produttore Joe Henry, uno dei più grandi cantautori americani contemporanei ed accidentalmente cognato di Madonna. Lo stesso Henry riflette sul valore assoluto di queste performance, ribadendo come Bettye abbia sbaragliato la concorrenza tanto nell’ambito soul che in quello blues, riportando finalmente alla luce un talento per troppo tempo oscurato dai media. Il suo non è un ritorno, nonostante la percezione comune del pubblico, la sua attività non si è mai drasticamente interrotta, semmai ha conosciuto oggi strade migliori per contemplare la notorietà. Altri due album fecero seguito a quella fortunata esperienza:The Scene Of The Crime del 2007 e Interpretations: The British Rock Songbook del 2010.

Oggi è un nuovo mattino, e dopo l’accordo siglato con la britannica Cherry Red, Bettye stringe di nuovo la facoltosa alleanza con Joe Henry, per ribadire la sua statura nel sorprendente Worthy, un album di cover fuori dal comune. La regina del soul si confronta così con 11 brani-capolavoro scritti da giganti che rispondono ai nomi di  Mick Jagger & Keith Richards, Bob Dylan, John Lennon & Paul McCartney, Mickey Newbury, Beth Nielsen Chapman & Mary Gauthier (che han proprio siglato la title-track) e dello stesso Joe Henry. Un  talento straordinario celebrato alla soglia dei 69 anni, una storia ancora aperta e non di meno affascinante.

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