The Weather Underground.
Con "Carta" la rivoluzione americana degli anni Settanta di Emanuela Del Frate
----------------da Liberazione

Nel 1969 i "giorni della rabbia" sconvolgono letteralmente la città di Chicago; il riot urbano organizzato esce dai ghetti per esplodere nelle strade americane. Oltre 400 tra ragazzi e ragazze, provenienti dai campus universitari, con mazze e caschi da football, marciano in uno dei quartieri di Chicago colpendo macchine e rompendo vetrine e negozi. Una vera e propria
guerriglia che li vedrà anche coinvolti in violenti corpo a corpo con la polizia e che terminerà con numerosi arresti e feriti.

E' la prima apparizione pubblica dei Weather Underground; un gruppo di giovani bianchi, attivisti provenienti dal movimento studentesco degli Sds - Students for a Democratic Society -. Sono gli anni delle violente rivolte dei ghetti, gli anni dei Black Panter Party, ma sono soprattutto gli anni della feroce guerra in Vietnam. "I giorni della rabbia", sono il primo tentativo degli Weather di forzare il movimento pacifista a realizzare il passaggio, fin'ora solo teorizzato, dalla non violenza alla lotta armata rivoluzionaria.

Le prime parole d'ordine a guidare le loro azioni: "Portare la pace in Vietnam e la guerra in casa". E' il momento giusto per cambiare rotta, la rivoluzione è dietro l'angolo e bisogna agire qui e ora; "non c'è bisogno di un metereologo - weathermen - per capire da quale parte sta soffiando il vento", recita così "Subterranean Homesick Blues" la canzone di Bob Dylan da cui prendono il loro nome.

Il documento collettivo Prairie Fire, ristampato in italiano lo scorso anno dalla libreria Calusca di Milano, rappresenta il tentativo esplicito di aprire un dibattito interno al movimento che andasse proprio in questa direzione. Gli Weathermen sono probabilmente, l'unico gruppo a ricercare e a teorizzare un legame tra lotta armata e rivoluzione culturale. Sono cresciuti nelle comuni, sperimentano droghe vecchie e nuove, nuovi modi di vivere la sessualità e le relazioni e vedono la controcultura giovanile come uno dei motori trainanti della rivoluzione in arrivo. «Il fucile e l'erba sono uniti. I freaks sono rivoluzionari e i rivoluzionari sono freaks», proclama infatti uno dei loro primi e, forse più famosi comunicati. Così come una delle azioni più eclatanti è l'evasione dal carcere di Timothy Leary, "guida spirituale" dell'Lsd. Nonostante questa costante ricerca di continuità e nonostante la simpatia che si accaparrano tra gran parte dei giovani grazie alle loro azioni spettacolari, anche gli Weathermen finiscono per restare vittime della repressione e della fine del sogno degli anni settanta, tanto che nei primi '80, decidono di sciogliersi e di concludere la loro storia. Pochi di loro saranno, in realtà, arrestati molti spariranno tra le pieghe della quotidianità americana. Una storia immediatamente nascosta ma che i registi Sam Green e Bill Siegel riescono a ben narrare nel
lungometraggio The Weather Undergorund. Immagini di repertorio, fotografie, documenti dell'Fbi e recenti videointerviste ai protagonisti di quegli anni, ricreano la tensione ideale che ha portato alla loro nascita, crescita e declino e tracciano il contesto che li ha visti protagonisti. La ribellione che ha attraversato e sconvolto l'America degli anni 70, il movimento studentesco e le Black Panter, sono al centro del contesto in cui si muovono degli Weathermen che, ribadendo le loro scelte, non cercano sicuramente di nascondere dubbi ed incertezze.

Realizzato nel 2002, il documentario è stato premiato al Sundance Film Festival, al Seattle International Film Festival e al San Francisco Documentary Festival, nonchè candidato al premio Oscar all'Accademy Awards, The Weather Underground. Una vera e propria chicca che, presentata in Italia nel 2004 a Roma, durante la terza edizione del Tekfestival, è ora disponibile anche in Dvd e sarà disponibile in tutte le edicole da domani, allegato al numero del settimanale Carta di questa settimana.


I metereologi statunitensi di Giuliano Santoro
----------------dal Manifesto di sabato 28/5/05

Martedì prossimo, alle 18, alla locanda Atlantide di Roma il giornalista Alberto Crespi, il docente di letteratura angloamericana Sandro Portelli e il vicepresidente del consiglio provinciale di Roma Adriano Labbucci discuteranno di Stati uniti a partire dal nuovo album di Bruce Springsteen, “Devils and dust”. Si tratta di un disco tutto calato negli Stati uniti di questi anni, con il filo spinato che corre lungo le frontiere, la guerra permanente e senza confini. I “diavoli e la polvere” che sono nel cuore di Springsteen, statunitense medio che guarda all'attualità con la semplicità di un onesto uomo di provincia, ci ricordano della necessità di esplorare nelle viscere del nordamerica. Proprio per questo, questa settimana in allegato all'almanacco di Carta sul referendum sulla procreazione (che rimane in edicola fino al 12 giugno), esce uno straordinario documentario, nominato all'Oscar e vincitore di prestigiosis concorsi come il Sundance film festival e il San Francisco film festival.
Si tratta di “The Weather Underground”, diretto da Sam Green e Bill Spiegel e distribuito in Italia da Goodfellas, che racconta la straordinaria vicenda dei Weathermen Underground, formazione che prendeva il nome da una canzone di Bob Dylan (“Non hai bisogno di un meteorologo per sapere dove soffia il vento”), e che negli anni della contestazione alla guerra in Vietnam decise di colpire i simboli del potere senza fare un graffio alle persone. “Gli anni sessanta sono stati un momento storico – ci spiega Sam Green, il regista e montatore del film - Cera un largo movimento che interrogava questo paese. Mi sento frustrato perché la versione da cartone animato degli anni sessanta è completamente irrilevante rispetto al momento che viviamo attualemente. Non puoi prendere niente da quella caricatura per che ti aiuti a capire che cosa sta accadendo al nostro paese”. “The Weather Underground”, che verrà presentato a Roma il 31 maggio allo Strike Spa, serve a prendere coscienza di quanto accaduto negli Usa negli anni sessanta e settanta. Contribuisce a rimettere a posto i pezzi: la vicenda di George Jackson, uno dei fondatori delle Black Panthers, ucciso dalla polizia nel carcere di San Quintino, il 21 agosto del 1971 [e Bob Dylan scrisse una canzone che recitava “I guardiani della prigione lo hanno maledetto/ Puntandogli addosso gli occhi dall'alto/ ma erano spaventati dalla potenza del suo sguardo/ Avevano una paura matta del suo amore” ]; Fred Hampton, il leader delle Pantere Nere di Chicago, ucciso nel 1969 dalla polizia mentre dormiva nel suo letto “in una esecuzione in stile squadrone della morte”, come ha scritto Wu Ming 1; il Cointelpro [il “ Counterintelligence Program ” dell'Fbi per spiare e gettare discredito sugli oppositori ]. “Solo fra il '68 e il '69, si contarono più di 40 mila attentati dinamitardi negli Usa. “I giovani non erano ‘hippy', bensì fottuti rivoluzionari”, spiega ancora Green. I Weathermen, che non finirono in galera perché riuscirono a dimostrare che l'Fbi aveva raccolto illegalmente le prove a loro carico, riuscirono a sintetizzare il linguaggio delle controculture con quello della lotta politica radicale: l'apice di questa strategia si ebbe quando fecero evadere il guru dell'Lsd Timothy Leary, arrestato per possesso di droga. “'The Weather Underground' ci porta a esplorare i periodi di risacca e pax americana fra un fermento sociale e l'altro, ci mette di fronte uno specchio e ci aiuta a riflettere sulle crisi di oggi. Imperdonabile non vederlo”, hanno scritto i Wu Ming.


Intervista a Sam Green
----------------tratto da Carta n.19

Sam Green è il regista, produttore e montatore di “The Weather Underground”. Si è laureato in giornalismo all'Università della California a Berkeley. Ha diretto diversi documentari premiati in varie occasioni, tra cui “The Rainbow Man / John 3:16”, che segue le tracce della bizzarra storia di un uomo che negli anni settanta è apparso in migliaia di eventi sportivi in tv indossando una parrucca arcobaleno. Attualmente, vive a San Francisco dove insegna film e video alla locale università. La nostra chiacchierata con Sam comincia proprio dalla storia dei Weathermen Underground, che incrociano il mito tipicamente statunitense della “frontiera”, come terra libera dal controllo, con quella dei movimenti degli anni sessanta e settanta.

“È difficile spiegare quanto conta oggi la storia dei Weathermen nei movimenti sociali statunitensi – comincia Sam - E quanto è presente nella memoria collettiva statunitense. Penso che la storia dei Weathermen è importante e che dovrebbe essere ricordata. Erano parte di un ampio movimento in questo paese contro la guerra e il razzismo, ma anche, in senso lato, contro il capitalismo e l'imperialismo. Credo che oggi la storia sia stata esiliata e depolicizzata. Così, ci raccomtano che tutti i giovani statunitensi erano hippy, certo, protestavano un po' contro la guerra che era brutta, ma appena tutto è finito, hanno cominciato a lavorare e a ascoltare la disco music. Ivece gli anni sessanta sono stati un momento storico, e c'era un largo movimento che interrogava questo paese su che modello di società desiderasse. In diversi modi, questa ferita è ancora aperta. Mi sento frustrato perché la versione da cartone animato degli anni sessanta è completamente irrilevante rispetto al momento che viviamo attualemente. Non puoi prendere niente da quella caricatura per che ti aiuti a capire che cosa sta accandendo al nostro paese. Comunque, se uno ha piena coscienza di quanto accaduto qui negli anni sessanta e settanta, molte delle tensioni e dei conflitti che ci sono oggi nel mondo comincerebbero ad avere molto più senso. Bisognerebbe sapere tutto dei pezzi confusi che hanno concorso a quella storia: George Jackson [uno dei fondatori delle Black Panthers, ucciso dalla polizia nel carcere di San Quintino, il 21 agosto del 1971, Bob Dylan scrisse una canzone che recitava “I guardiani della prigione lo hanno maledetto/ Puntandogli addosso gli occhi dall'alto/ ma erano spaventati dalla potenza del suo sguardo/ Avevano una paura matta del suo amore”, ndr.], Fred Hampton [il leader delle Pantere Nere di Chicago, ucciso il 9 dicembre del 1969 dalla polizia mentre dormiva nel suo letto “in una specie di esecuzione in stile squadrone della morte”, come ha scritto Wu Ming 1, ndr.], i Weathermen, il Cointelpro [il “Counterintelligence Program” che era stato messo in piedi dal direttore del Fbi J. Edgar Hoover per spiare e gettare discredito sugli oppositori: il congresso degli Stati uniti ammise nel 1976 che "molte delle tecniche usate dal Cointelpro sarebbero intollerabili in una società libera”, ndr]. E anche il fatto che i giovani non erano “hippy”, bensì fottuti rivoluzionari”

Hai dichiarato che “oggi i grandi movimenti contro la guerra e per la giustizia globale stanno funzionando, perché stanno costruendo lentamente anche se non sappiamo quale sarà il loro effetto definitivo” Per questo, hai detto di sperare che “un gruppo come i Weathermen non nasca oggi”. Puoi spiegarci meglio questo concetto?

Si tratta di un'opinione personale. Credo che i movimenti popolari grandi e non violenti finiranno per avere più effetti e per ottenere cambiamenti negli Stati uniti, rispetto alle piccole organizzazioni violente. Nel film, Mark Rudd dice che molti statunitensi sono istruiti fin da bambini che tutta la violenza che non viene dal governo è o criminale oppure frutto delle azioni di squilibrati mentali. Secondo me è vero. Non credo sia possibile esercitare violenza e riuscire fare che i media facciano passare il tuo messaggio intatto. Guarda a cosa è accaduto con l'11 settembre. Se chiedi agli statunitensi per strada il perché i kamikaze lo abbiano fatto, il 90 per cento delle persone non ne ha idea. È stato un attacco spettacolare, ma non è servito a niente, dal punto di vista delle trsmissioni delle idee. Per questo spero che in questo paese una opposizione sociale vasta e non violenta continui a emergere. Ma se questa viene repressa o ignorata, ho paura che ne scaturirà una situazione che farà nascere un altro gruppo come i Weathermen.

I Weathermen Underground sono riusciti a unire lotta politica radicale e spirito controculturale, senza diventare né semplicemente “militanti” né “hippy”. Com'è potuto accadere?

È divertente vedere come alcune delle peculiarità degli anni sessanta e settanta si siano perse col passare degli anni. La gente dimentica che c'è una grossa differenza tra gli hippy e gli attivisti politici. Gli appartenenti dei Weathermen Underground erano militanti! Non portavano i capelli lunghi, non si drogavano più di tanto. Percepivano che c'era molta energia nelle controcultire e decisero di provare a collegarsi ad essa e a cavalcarla. Ci riuscirono, sebbene non completamente. In qualche modo, furono capaci di unire radicalismo e anti-imperialismo con il linguaggio e gli stili della controcultura. Agirono perché ciò avvenisse. Far evadere Timothy Leary [il guru dell'Lsd, ndr.] di prigione e portarlo in esilio in Algeria fu probabilmente l'apice di questa strategia.

A proposito: è vero che, dopo l'evasione, Timothy Leary collaborò con l'Fbi contro i Weathermen? Come mai nel film non ne parlate?

Hai ragione. Si può leggere una trascizione della sua delazione contro i Weathermen, gente che l'ha aiutato, al sito www.smokinggun.com . A un certo punto, avevo incluso questo dettaglio nel film., ma poi l'abbiamo tagliato. È stato molto duro includere tutti i pezzi della storia in un film di novanta minuti. Il dettaglio di Leary mi piaceva perché era ironico e divertente, ma alla fine non era cruciale per comprendere la storia.

A cosa stai lavorando adesso?

Sto iniziando a mettere insieme un lungo documentario sperimentale sulla speranza, sulle spinte rivoluzionarie e utopiche, e sulla natura umana. C'è ancora grande confusione nella mia testa, ma credo che in questo progetto ci sia qualcosa di rilevante e interessante.

  “You don't need a weatherman to know which way the wind blows", “Non hai bisogno di un metereologo per capire da che parte spira il vento”, cantava Bob Dylan in “Subterranean homesick blues”, la canzone che ha ispirato il nome dei Weathermen… Da che parte spira il vento oggi?

Credo che ci siano molte lezioni da apprendere dalla storia dei Weathermen Underground. Quantomeno, io ho imparato tanto. Una di queste lezioni per me è che ogni volta che qualcuno sta cercando di dirti con precisione cosa sta accadendo nel mondo e cosa devi fare per prendere parte al cambiamento, è meglio stare il più lontano possibile da quella persona. È doloroso guardare indietro alla storia dei Weathermen e a quella della sinistra in generale negli Stati uniti, ma penso che sia così anche per quella della sinistra europea. Tante persone hanno hanno trascorso milioni di ore delle loro vite dandosi addosso l'un l'altro, e litigando sulle loro analisi. E alla fine nessuno ha finito per avere ragione. A questo punto, credo, chiunque sia dotato di un cervello e di un briciolo di umiltà, deve riconoscere che la storia muove verso strade incredibilmente sorprendenti e imprevedibili. Non c' modo fi guardare dietro l'angolo. Non ho idea. Penso che per quanlcuno questo concetto sia paralizzante. Per me, significa solo che è importante avere “speranze nell'oscurità”, per citare il titolo del bel libro della mia amica Rebecca Solnit.


----------------tratto da Carta n.19

Il 21 maggio 1970 un gruppo di giovani bianchi, ex leader del movimento studentesco americano, diffonde un comunicato che annuncia l'entrata in clandestinità: “I giochi sono fatti le proteste e le marce sono lettera morta – recita il testo - L'unica strada da seguire è quella della violenza rivoluzionaria”. Il comunicato si conclude con uno slogan divenuto leggendario: “Il fucile e l'erba sono uniti. I freaks sono rivoluzionari e i rivoluzionari sono freaks”. Non c'è da stupirsi. Gli autori del comunicato si sono formati nei campus, nelle comuni, sperimentando nuovi modi di vivere la sessualità, di comunicare, di stare insieme. Poi, come per tanti altri della loro generazione, è arrivata la guerra del Vietnam, la fine dell'“età dell'innocenza” e l'onere di una scelta di campo.

A firmare il comunicato è Bernardine Dohrn a nome dei Weathermen Underground, un'organizzazione radicale nata dalle ceneri della Students for a Democratic Society, la più importante sigla della new left americana. I Weathermen erano saliti alla ribalta delle cronache qualche mese prima quando, nell'ottobre del 1969, quattrocento di loro avevano dato vita a un violentissimo riot nelle strade più lussuose di Chicago: gli scontri erano durati ben 48 ore, causando la devastazione di interi quartieri. A quegli scontri, per la verità, avrebbero dovuto partecipare decine di migliaia di persone, almeno nelle previsioni dei Weathermen, che confidavano nel consenso che le loro tesi radicali sembravano aver riscosso alla Convention nazionale della Sds, tenutasi in giugno a Chicago. In quell'occasione, Berrnardine Dorhn, Bill Ayers, Naomi Jaffe, Mark Rudd e John Jacobs indirizzarono a tutti i delegati un appello dalle colonne di New Left Notes, la newsletter dell'Sds, intitolato “You don't need a Weatherman to know which way the wind blows” [“Non hai bisogno di un meteorologo per sapere dove soffia il vento”, dalla celebre canzone di Bob Dylan “Homesick subterranean blues”]. I Weathermen sottolineavano il nesso causale tra la ricchezza americana e la povertà del Sud del mondo, esaltavano le lotte di liberazione che proliferavano per il pianeta e rimarcavano che sostegno alla resistenza vietnamita e liberazione dei ghetti neri americani dovessero andare di pari passo. Si reclamava, infine, la costruzione di un programma rivoluzionario – alla stregua di quello delle Pantere Nere - che si ponesse esplicitamente l'obiettivo della presa del potere. Tutto ciò, implicava anche un ripensamento dell'azione di piazza, all'insegna della rimozione del tabù dell'uso della forza e dell'adozione di condotte offensive, che i Weathermen auspicavano potessero essere messe in atto già nelle giornate di mobilitazione nazionale indette dalla Convention per ottobre e ribattezzate da Bernardine Dorhn “Days of rage”, “giorni della rabbia”. D'ora in poi, ci si sarebbe battuti per “portare la pace in Vietnam e la guerra in casa”.

Tuttavia la determinazione dei Weathermen finì per intimidire i più, che alla fine disertarono l'appuntamento, lasciando che a fronteggiare la polizia si ritrovassero soltanto Bernardine Dohrn e compagni. Otto militanti furono feriti con colpi dalle pallottole della polizia e 287 furono arrestati. Paradossalmente, la condanna più dura dell'“avventurismo” dei Weathermen arrivò proprio le Black Panthers, che per bocca di Fred Hampton, definirono “custerista” la tattica dei Weathermen e “piccolo borghese” la loro visione della lotta politica. Nonostante ciò, i Weathermen riprovarono dopo qualche mese, in occasione del “Consiglio nazionale di guerra” convocato a Flint, a orientare verso pratiche radicali il movimento ma, nuovamente, dovettero prendere atto della riluttanza di quest'ultimo a seguirli, optando infine per la clandestinità. Era una scelta che molti altri, di lì a poco, avrebbero fatto, spinti dall'insostenibilità dello scontro di piazza e dalla durissima repressione che aveva colpito il movimento, Black Panthers in testa, i cui leader venivano eliminati sistematicamente dalla polizia, come accadde allo stesso Fred Hampton e a Mark Clark, freddati nel sonno. Nel giro di qualche mese, i Weathermen scompaiono dai loro domicili conosciuti per poi ricomparire, virtualmente, come firmatari della “dichiarazione di guerra” del maggio '70, alla quale segue, il 9 giugno, il primo spettacolare attentato alla centrale della polizia di New York. Nel giro di pochi mesi le azioni si moltiplicano, sempre accompagnate da comunicati di rivendicazione, fino a quello del dicembre – “ Nuovo mattino. Il tempo sta cambiando” - che contiene, invece, una articolata autocritica della “deriva militare” in cui era scivolata l'organizzazione. La riflessione scaturiva da un evento drammatico, la morte al Greenwich Village di tre Weathermen intenti a confezionare un ordigno che avrebbe dovuto provocare una strage alla festa da ballo di un ufficiale di Fort Dix. La tragedia porta il gruppo alla stipula di una sorta di patto vincolante per tutti i suoi membri: nessuna vita umana d'ora in avanti sarebbe stata persa nelle loro azioni. Oltre a ciò, nel documento viene rivalutata l'azione di massa e propugnata la necessità di una “rivoluzione culturale” dentro il movimento, anche non viene abbandonata la scelta della clandestinità. Il documento incassa, a sorpresa, l'approvazione delle 21 Pantere nere di New York, al tempo sotto processo e in rotta con il partito, che scriveranno: “Voi vi siete calati nell'azione, e […] vi consideriamo una delle attuali avanguardie, se non l'autentica, all'interno degli Stati uniti d'Amerikkka”. La guerriglia urbana, nel frattempo, dilaga nel paese: nel biennio ‘69-‘70 si verificano 40.934 esplosioni, i gruppi clandestini si moltiplicano, le azioni si fanno sempre più eclatanti: un elicottero della polizia viene abbattuto a Tucson, un aereo rubato cerca di bombardare una fabbrica di munizioni del Wiscounsin, una delle più grandi raffinerie della Standard Oil viene distrutta. Ma sono i Weathermen a inanellare una sequela impressionante di obiettivi, tutti altamente simbolici: Bank of America, Ibm, General Motors, ITT, Gulf, fino a osare l'impossibile: bombe al Pentagono (maggio 1972) e al Dipartimento di Stato (1975). Tutti gli attentati sono preceduti da telefonate di avvertimento e nessuno riporterà mai un graffio dalle esplosioni, spesso devastanti. I Weathermen diventano una leggenda per l'audacia e la “maestria tecnica” nel non provocare vittime. Ciò non evita a Bernardine Dohrn di guadagnarsi da Edgar Hoover la qualifica di “donna più pericolosa d'America”. Nel 1974, intanto, era stato diffuso clandestinamente il libro Prairie fire [“Praterie in fiamme”], una densa, sofferta riflessione sui destini della rivoluzione e su quelli dell'organizzazione, che inizia a scontare isolamento tipico delle avanguardie. L'invito, ancora una volta, è alla resistenza [“Noi non usavamo il linguaggio della guerra ma quello della resistenza”, dichiarerà molti anni dopo Bernardine Dorhn]; tuttavia, si legge tra le righe la consapevolezza che un ciclo, quello nato negli anni '60, volgeva al termine e si coglie tutta la difficoltà nel ricollocare un'esperienza estrema come quella dei Weathermen in un contesto sociale che andava precipitosamente cambiando all'insegna della normalizzazione e della restaurazione. Questa percezione si farà sempre più forte negli anni successivi, quando le azioni, che pure continueranno fino al 1977, parleranno sempre più a un movimento ormai invisibile. L'America degli anni ottanta, quella del body building, dei telepredicatori e degli yuppies, è alle porte e i Weathermen, che erano andati molto avanti nel territorio nemico, non hanno più una comunità nella quale far ritorno. Non resta, dunque, che una resa onorevole: tra il 1978 e il 1980 tutti i membri si consegneranno alla polizia, ma non finiranno in carcere perché dimostreranno che l'Fbi ha usato metodi illegali nel corso delle indagini.

In tutti questi anni continueranno a ripetere di essere felici di “esserci stati” e che la partita non è chiusa, come vi ricorderà Naomi Jaffe nello splendido film che ”Carta” vi propone: “Se lo rifarei? Oh sì lo rifarei, magari in maniera un po' più furba, ma lo rifarei…”

Umberto Zona


"Nel periodo tra il '65 e il '75, in ogni istante della mia vita e qualunque cosa stessi facendo, ero consapevole del fatto che il mio Paese stava massacrando milioni di persone... Questa consapevolezza era più di quanto potessimo sopportare". Lo dice Mark Rudd, ex-militante dei Weather Underground, il più famoso gruppo nordamericano di lotta armata. "La guerra in Vietnam fece impazzire un po' tutti quanti noi", conferma il suo compagno Brian Flanagan.

Che fare per non impazzire del tutto? BRING THE WAR HOME! Aprire le ostilità sul fronte interno, trasformare in Viet-cong urbani i giovani incazzati dei campus. Occorre farlo ora, perché la rivoluzione è imminente, mica ci vuol tanto a capirlo. Come canta Bob Dylan: "non serve un meteorologo per capire da che parte soffia il vento".

Nati alla fine degli anni Sessanta come ala dura della sinistra studentesca, i Weather(wo)men cercano una sintesi fra "controcultura" (sperimentazione sessuale, droghe psichedeliche, nuovi linguaggi e "mixed media") e tradizione rivoluzionaria. "Freaks are revolutionaries, and revolutionaries are freaks", recita il più celebre dei loro comunicati.

Strane figure di "rivoluzionari di professione", i Meteorologi entrano in clandestinità nel 1970, firmano una lunga serie di attentati dinamitardi, fanno evadere di prigione il guru dell'LSD Timothy Leary (che nel '74 li ricompenserà facendo i loro nomi all'Fbi, ma su questo gli intervistati glissano con eleganza).

Bernardine Dohrn, Bill Ayers, Mark Rudd e un pugno di altri reduci del sogno dei Sixties rimangono "sottoterra" per un'intera decade, i Seventies del riflusso, della disillusione, della nuova apatia. Randagi per le strade d'America, privi ormai di masse da mobilitare, nel 1980 decidono di "tagliare la miccia" e arrendersi al governo. In realtà pochi di loro finiscono in carcere: l'Fbi ha raccolto le prove a loro carico con metodi illegali. Nulla del genere sarà possibile nell'America a venire, quella del Patriot Act e della "guerra al terrorismo".

The Weather Underground è un documentario perfettamente riuscito, emozionante e per certi versi miracoloso, costellato di resurrezioni, di Lazzari che s'alzano dalle tombe. I leader del movement di trentacinque anni fa sono lì, vivi di fronte a noi, forever young. Un nome su tutti: Fred Hampton, leader delle Pantere Nere assassinato dalla polizia di Chicago. The Weather Underground ci porta a esplorare i periodi di risacca e pax americana fra un fermento sociale e l'altro, ci mette di fronte uno specchio e ci aiuta a riflettere sulle crisi di oggi. Imperdonabile non vederlo.

Wu Ming