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The Selecter, Sottocultura Viva

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La leggenda 2-Tone ritorna in studio con un nuovo album inedito. In uscita a giugno per DMF Records, il programmatico ‘Subculture’ conferma i Selecter attivissimi non solo nella dimensione live, ma anche nelle mura ‘domestiche’ dello studio di registrazione. Prodotto da Neil Pyzer e mixato dal richiestissimo Prince Fatty (Lily Allen, Graham Coxon, Gregory Isaacs), ‘Subculture’ è il biglietto da visita di una formazione rivitalizzata e completamente in sintonia con le istanze del mondo moderno. Una sottocultura – quella invocata dal titolo – che progressivamente si è fatta largo nei circuiti popolari, pensiamo altrove al successo di una pellicola come ‘Northern Soul’ ad esempio. Dopo essere tornati sulle scena più di un lustro fa, i Selecter hanno peraltro confermato il senso della loro ricerca, fatta di elementi 2-Tone, Ska, Reggae & Soul comunque distanti dal circuito mainstream e da quello che oggi è lo spesso disarmante panorama delle contaminazioni in salsa r&b.
Guidati dalla loro iconografica leader Pauline Black, unitamente ad un’incredibile serie di talentuosi musicisti, i Selecter di oggi contano anche sulla presenza di un altro membro storico come Arthur ‘Gaps’ Hendrickson. Figure di riferimento per una miriade di Skinheads, Mods, Punks, Northern-Soulers, Rude Boys & Girls i nostri continuano a definire uno stile, tanto nei contenuti squisitamente musicali che in quelli più marginalmente ‘fashion’. I Selecter sono confermati come band di accompagnamento per il 75simo anniversario dello show di Paul O’Grady. Il gruppo si esibirà durante alcuni segmenti dello spettacolo, oltre a suonare la sigla di coda. E molto probabilmente lo stesso attore intervisterà la vocalist Pauline. Ben tornati!

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Prefuse 73, Il Ritorno

Sono passati ben 4 anni dall’ultima pubblicazione di Guillermo S. Herren con il suo più celebre alter ego di Prefuse 73 (anche se si è certamente tenuto impegnato con concerti dal vivo, collaborazioni e remix). E’ un attesa estenuante, virtualmente per ogni artista, ma è una vera e propria eternità per Herren, I cui primi tre album come Prefuse 73 sono stati pubblicati nel breve volgere di un lustro. Quasi per recuperare il tempo perso, il 2015 vedrà la pubblicazione non di uno, ma di ben tre lavori a firma Prefuse 73. Dopo una serie di uscite che lo hanno visto allontanarsi dal contesto ritmico che ne aveva fatto uno dei più interessanti beat maker nel circuito del mutant hip hip e dell’ intelligent dance music, Guillermo scopre un nuovo vigore. Per la prima volta l’artista si trova esattamente a suo agio come nel biennio 2005/2006, ed il disco  lo dimostra sotto tutti i punti di vista, aggiungendo un ingrediente fondamentale: la pazienza.

L’abilità di Herren nello sposare strutture articolate a melodie ricercate ne han fatto la forza, oggi quella magia sembra ripetersi, rispettando un’urgenza atavica …ma c’è anche maggior respiro in queste nuove composizioni. ‘Rivington Nao Rio’ (Temporary Residence) è così un portale, un luogo in cui lo spirito dell’hip-hop si sposa alle sottigliezze del moderno minimalismo. I numerosi ospiti trattano il materiale con il dovuto rispetto: il songwriter di casa Roc Nation e frequente collaboratore di Jessie Ware Sam Dew trasforma ‘Infrared’ in un subliminale profilo soulful r&b; Milo & Busdriver con i loro rapidi versi creano un contrasto quasi pastorale dagli effetti brillanti; altrove Rob Crow dei Pinback ed il crooner latin-folk Helado Negro navigano a vista in mezzo a tropici di grazia. Preso singolarmente ‘Rivington Não Rio’ è uno dei lavori più compiuti di Prefuse 73. Al centro di un epico trittico che prevede ‘The Forsyth Gardens’ ed ‘Every Color of Darkness EP’, è il raggiungimento di un nuovo picco artistico, per un compositore che sembra aver ritrovato l’ispirazione dei giorni migliori.

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McCaughan, Superchunk Goes Solo

Mac McCaughan è ad oggi una delle figure più importanti del circuito indie americano, oseremmo dire cruciali. Il leader dei Superchunk oltre ad aver regalato autentiche elegie colle-rock con la sua band è stato anche il fondatore di Merge Records, uno dei marchi più longevi del circuito underground, la stessa casa che ha saputo scommettere in tempi diversi su Arcade Fire, Bob Mould, Dinosaur Jr., Lambchop, American Music Club o She & Him (giusto per attingere ad un catalogo incredibilmente ampio e variegato). Mac non aveva mai giocato la carta solista ad oggi, un desiderio perseguito da tempo. Non-Believers è così il suo sogno nel cassetto, un banco di prova se vogliamo. E’ un disco che si regge sul potere delle canzoni, quelle che hanno una presa immediata e guardano ben oltre l’orizzonte della new wave o del rock alternativo. Per quanto il progetto fosse focalizzato sul dopo-punk, Non-Believers è un disco che rispolvera gradite influenze sixties ed un magico tocco power-pop. Le chitarre sanno sempre essere controllate, il pedale della distorsione non è così praticato, semmai sono le tastiere a descrivere prontamente il tono confidenziale di Mac, che apre a temi più introspettivi, ricalcando in questo la vena isolazionista di molti eroi maledetti degli ottanta (vi basti riflettere su quella ‘Isolation’ dei Joy Division per trovare una pietra di paragone)

L’uso di synth e drum machine rompeva con la tradizione rock dei seventies e soprattutto con l’isterica immediatezza del punk, era in pratica un nuovo modo per comunicare la propria alienazione. E Mac riflette proprio sulla turbolenta adolescenza di milioni di ragazzi, spesso soffocati dalla noia durante i giorni della high school. Quando ad esempio arriva la prima patente di guida od il primo strumento (acustico od elettrico che sia) e spesso non si sa come far fruttare questi doni. Nel disco si parla anche del fascino primordiale dell’arte e dell’influenza che proprio gli ‘eroi’ locali possano esercitare sul tuo percorso. Non-Believers potrebbe persino tradire un sottotesto laico, ma in realtà qui si parla di un altro tipo di disillusione, quella che giunge nei moment tipici di transizione. In questo caso il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, con tutte le turbolente migrazioni del caso. E’ una raccolta di numerose influenze personali la prima uscita in solo di Mac, un atto dovuto, un passo necessario nella lunga carriera di musicista e talent scout del cantante/chitarrista  della North-Carolina. Un disco che vi farà scoprire come Cars ed XTC possano comunque stazionare al fianco dei vostri dischi più rumorosi.

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Sharon Van Etten, Nuovo Ep

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Sharon Van Etten non ha mai avuto necessità di grandi spazi per rivelare grandi intenzioni. Con quattro album pubblicati negli ultimi sei anni, è divenuta una delle più astute cartografe del cuore, abile nel catturare tribolazioni emotive e trionfi umorali con linee incisive ed una voce che non perde nulla nella traduzione e trasmissione dei sentimenti. Il suo secondo, epico, disco ha avuto bisogno di appena sette trace per rispettarne il titolo. ‘Tramp’ del 2012 e lo straordinario ‘Are We There’ dello scorso anno hanno definitivamente aperto le porte dell’anima, consentendo a Sharon di albergare sentimenti universali in piccoli ambienti. Dall’inizio fino alla recente straordinaria affermazione, Sharon Van Etten ha da sempre compreso l’impatto ‘economico’ delle composizioni. Non dovrebbe giungere come una sorpresa che il suo nuovo Ep di cinque tracce per Jagjaguwar ’I Don’t Want to Let You Down’ documenti  un senso di resa e scoramento, ammettendo responsabilità e disillusioni in un’offerta distillata di appena 22 minuti.

Prodotte dalla stessa autrice con Stewart Lerman, già in regia per ‘Are We There’, queste canzoni sono così sofisticate da spiccare immediatamente nella discografia della nostra. Supportata da una sezione d’archi nel corso di ‘I Always Fall Apart’, la sua voce si erge insieme al suo piano. Le sue armonie prismatiche tradiscono anche l’ammissione celata al centro del brano, uno degli spunti lirici più autobiografici di sempre: “You know I always fall apart/It’s not my fault/It’s just my flaw/It’s who I am”.  La disperazione insita nel titolo si erge nei quattro minuti di musica in cui le chitarre si fanno più grandi e le armonie si espandono. Adam Granduciel e David Hartley dei War on Drugs si uniscono a Stuart Bogie degli Antibalas, Peter Broderick ed Heather Woods-Broderick per ‘Pay My Debts’. Il pezzo più lungo dell’Ep, un numero cinematico con riferimenti sparsi al filone shoegaze. L’Ep si chiude con una rivisitazione live di ‘Tell Me’, una demo dall’album ‘Tramp’, con l’accompagnamento del quartetto che è ufficialmente la sua touring band, il pezzo diviene una battaglia interiore in cui la Van Etten coltiva i suoi poteri. E’ una mappa della progressione della cantante dalla dimensione di songwriter acustica a vera e propria leader di un gruppo, una precisazione di come la sua efficienza aldilà della dimensione più intima sia divenuta una costante.

http://www.youtube.com/watch?v=o9-_zXnFGOs

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Kenny Knight, Countryman

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La prima ristampa ufficiale di questa ricercata private-press del 1980 (uscita per la fantomatica Calop Records) all’insegna del più bucolico e seducente  country-rock, firmata dal cantautore, estroso pittore ed ex-marine Kenny Knight. Reduce da esperienze minori nei sixties, il lavoro di Knight in ‘Crossroads’ richiama una versione casalinga e meno appariscente del seminale ‘American Beauty’ dei Grateful Dead. Una sensazione suffragata dal mood quasi dimesso dell’opera e da una scrittura che rimane comunque indelebile. Languido, ansiogeno, melanconico e meravigliosamente melmoso, questo documento apparentemente senza tempo fu concepito agli albori di una nuova decade, dove l’individualismo avrebbe avuto gioco facile, influenzando anche le politiche della musica popolare. Prodotto in  collaborazione con Numero Group, contiene le bellissime e rivelatorie note introduttive dello scrittore e collezionista Michael Klausman e di Kenny stesso.

“Una sobria gemma country-rock dal Colorado, perlopiù sconosciuta ed in realtà poco amata al momento della sua pubblicazione, 35 anni or sono. Finalmente pronta ad ottenere i riconoscimenti di pubblico che merita, grazie anche all’interessamento dell’etichetta Paradise of Bachelors. Mettendo insieme le polverose escursioni dei Grateful Dead – all’incirca nel periodo d’oro 1970 – e la stanchezza proverbiale del Gene Clark nel periodo ‘White Light’, lo stile personale di Knight è un puro distillato di ‘americana’ e le dieci tacce qui offerte rappresentano un puro ibrido di intima passione. Se la  pedal steel ed i caldi vocalizzi sono amabili quanto un alba sulle montagne rocciose, l’intensità e la malinconia che albergano in ogni solco di questo disco sono proverbiali” – Tyler Wilcox, Aquarium Drunkard

http://www.youtube.com/watch?v=lXqIC8syYy4

LORD210

Goatsnake, Hell Breaks Blues

‘Black Age Blues’ (Southern Lord) è un classico istantaneo, con ognuna delle sue nove trace ascrivibili alla sezione anthem, ed ognuno dei suoi quattro membri al top della forma. Ogni cosa è magnificente, la voce dell’ex Scream Pete Stahl non è mai apparsa così brillante, la sezione ritmica comprensiva del mitico batterista Greg Rogers (Poison 13, The Obsessed) e del bassista Renner è la forza trainante in ogni singolo episodio, mentre i riff del chitarrista e padrone di casa Greg Anderson sono pesanti come non mai. Nell’intro dell’album – la breve frazione che precede ‘Another River To Cross’ – la chitarra acustica è di un certo David Pajo (Slint, Aerial M, Papa M). Nella stessa traccia un campione dalla ‘The River’ del gruppo stesso. Il piano è suonato da Mathias Schneeberger e la figlia d’arte Petra Haden contribuisce con voce e violino.  Un’altra brillante addizione al disco arriva dal contributo vocale delle Dem Preacher’s Daughters (Wendy Moten, Gale Mayes ed Andrea Merrit).

‘Black Age Blues’ ha un tono familiare ma nulla qui sembra essere una ripetizione di ciò che abbiamo ascoltato in precedenza, tanto che i Goatsnake continuano a ridefinire l’onorata tradizione heavy-rock con il loro imperturbabile stile, soddisfacendo i palati più esigenti. Il termine blues, oltre ad apparire nella title-track, si affaccia nella traccia di chiusura ‘A Killing Blues’. Una discendenza naturale, la musica del diavolo plasmata attraverso il piglio mefitico di questo stellare quartetto. Rivive nei Goatsnake tutta una tradizione doom – soprattutto americano – che ha ovviamente nei Saint Vitus i suoi antesignani, ma che trova oggi  innumerevoli ponti e schiarite ‘esistenziali’.

http://www.youtube.com/watch?v=-89xJ7YCOa8

JAG270CD

Black Mountain, Il Debutto ‘Restaurato’

Magari è un banalissimo cliché, ma i più grandi dischi sono davvero senza tempo. Il debutto omonimo dei Black Mountain è uno di questi. E’ un classico del nuovo rock, con punti di riferimento arcani ed evidenti, suona fresco, poco familiare a tratti, definitivamente irresistibile. Il lavoro di un piccolo collettivo di musicisti proveniente da Vancouver, Canada, lontano da ogni influenza industriale ma fermamente nel vortice della propria creatività, il debutto dei Black Mountain è stato, naturalmente, un inizio ma ha anche segnato una fine. Concepito come il quarto album dei Jerk With A Bomb, il progetto solista di Stephen McBean convertito a tutti gli effetti in un’atipica formazione rock,  il disco si regge sulle scheletriche sessioni tagliate da McBean e Josh Wells e levigate ‘on the road’ in alcuni disabitati club del nordamerica con Amber Webber. “Tirammo giù le tracce essenziali, le chitarre e le batterie – ricorda McBean – Matt (Camirand, basso) si sarebbe successivamente unito a noi, tanto da spingerci a cambiare il nome della band dopo un sogno premonitore in cui la sezione B nel reparto dischi sarebbe stata sicuramente più appetibile in mezzo ai nomi di Black Flag e Black Sabbath. Il coinquilino di Josh – Jeremy (Schmidt, tastiere) era in agguato. Gli chiedemmo se avesse voluto aggiungere qualche nota qua e là. E’ ritornato con tutte queste parti orchestrate, tanto da decretarne la naturale integrazione  nella band.’’

Registrato tra lo studio Hive e la loro sala prove in quel di Vancouver, il disco risente dell’ambiente naturale in cui è stato concepito: una camera in cemento dall’alto soffitto, un’acustica solida e tanto riverbero naturale, per riportare il tutto su un 8 tracce  a bobina. Queste elementari registrazioni hanno portato a plasmare brani autentici, facendo fede ad un piglio heavy ed al tempo stesso ipnotico. L’iniziale successo del disco vide la band imbarcarsi in un lungo tour, abbandonando il proprio enclave di Vancouver per i palchi di mezzo mondo. McBean ricorda i concerti come una naturale esplosione di entusiasmo. Come se un’onda catartica attraversasse l’esecuzione di brani quali ‘No Hits’ e ‘Druganaut.’ “Un grande momento per il rock’n’roll: con la riconversione di numerosi dj e la propensione degli astanti a farsi trasportare in vorticose jam psichedeliche di 20 minuti. La vicinanza poi di gruppi quali Comets On Fire ed Oneida non fece altro che incrementare la densità dell’offerta. In quel periodo ero davvero perso tra Faust ed Amon Duul ed in qualche modo ignoravo l’esistenza di una scena contemporanea capace di immergersi in quegli stessi ambiti. Certo, poi andammo in tour con i Coldplay…e l’avventura è proseguita’’ Questa loro associazione con uno dei gruppi simbolo del pop contemporaneo può apparire come una storia d’altri tempi, di certo è stato il capitolo inaugurale in una storia ancora densa di colpi di scena. Per ora è tempo di tornare a gioire della spaziale brillantezza del disco, arricchita dalla presenza di deliziosi reperti d’epoca dagli archivi del Black Mountain Army.

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SC322CD

Cayucas, Il Sole È Alto

Nel loro ultimo album – ‘ Bigfoot ‘ – i Cayucas hanno in pratica definito i sonnolenti contorni della città marittima di Cayucos, CA. Sono cresciuti visibilmente dalla condizione di ‘garage’ band a quella di band capace di girare il mondo, sostenuta da numerose radio indipendenti internazionali. Per questa nuova offerta – ancora griffata Secretly Canadian – Zach Yudin ed il suo fratello gemello Ben, si sono dedicati ad un’analisi schiettamente personale. Trasferitisi stabilmente in quel di Los Angeles, i nostri hanno attinto dall’adolescenza spesa nei sobborghi della piccola cittadina californiana di Davis; la nostalgia è un’esperienza attuale e descrive ‘Dancing At The Blue Lagoon’ in maniera esaustiva. Il loro approccio rimane solare per tutta la durata del disco e quel piglio malinconico non può esser altro che un marchio di fabbrica tipicamente west-coast. E’ il suono di quei ragazzini dei sobborghi che hanno fantasie in technicolor, la cui vista del Golden State rappresenta una sorta di ideale. E c’è una confidenza sintomatica nel beat di ‘Hella’ o in quella chitarra tipicamente surf che bella mostra di sè in ‘Moony Eyed Walrus’. Il piglio quasi mozzafiato di ‘Backstroke’ è ispirato ad una storia poliziesca dello scrittore giapponese Murakami, un noir tra esercizio di stile e sensibili strappi emotivi.

Detto questo ‘Dancing at the Blue Lagoon’ è il prodotto di un gruppo che approccia una zona confortevole e ci invita contestualmente ad accomodarci n queste stanze idilliache. ‘Big Winter Jacket’ è pop baciato dal sole, con chitarre acustiche che crescono in qualcosa di espansivo e gigante. La ballata pianistica ‘Ditches’ sembra quasi inseguire i fantasmi dei Beach Boys di ‘Sunflower’ o ‘Surf’s Up’, ricordandoci che l’incertezza e la tristezza non sono mai distanti dalla superficie, anche nei moment più spensierati dei Cayucas. Questo ci fa considerare sotto un’altra ottica la title track, un’autentica fantasia tropicale. Come songwriter deputato Zach è dipendente dalla sua stessa versatilità: “scrivo una canzone alla volta, è stato così da quando ho iniziato a prendere le cose seriamente ai tempi del college”. Il centro nevralgico del disco rimane però la straziante ‘Blue Lagoon (Theme Song)’, in cui la performance di Zack – accompagnato da una chitarra solitaria – offre la dimensione di una statura emozionale e cruda allo stesso tempo. Come un grande attore la cui arte suona sempre autentica per il suo tocco profondamente umano.

http://www.youtube.com/watch?v=D3LtbVbkGG0

Spittle1002

391 Voyage Through The Deep 80s

Il progetto 391 nacque nel 1983 dal desiderio di due adolescenti inquieti, provenienti da una noiosa città di provincia, Ascoli Piceno, di dare vita e forma ad una serie di compilazioni su nastro, che fotografassero l’underground musicale italiano.

La scelta del nome voleva essere un omaggio all’omonima rivista dadaista newyorkese, redatta dal pittore e poeta Francis Picabia. L’intento era quello di organizzare geograficamente il materiale musicale, scandagliando i gruppi new wave e post-punk regione per regione.Una mappatura dell’Italia musicale più marginale e spigolosa, secondo questo criterio selettivo: rappresentare la scena più radicale del nuovo rock nazionale, cresciuto all’indomani della deflagrazione post-settantasettina, cercando di coglierne l’essenza più autentica. Nonostante il moltissimo materiale raccolto, proveniente da varie regioni, il progetto 391 s’interruppe nel 1985, dopo l’uscita dei primi due volumi dedicati a Marche e Umbria.

Con la produzione esecutiva della Spittle Records e il coinvolgimento di vecchi e nuovi compagni d’avventura, riprendiamo il filo del discorso ampliandone lo spettro sonoro, nel tentativo di essere il più possibile esaustivi.A più di trent’anni dalla sua nascita, 391 fa ritorno per portare alla luce piccoli e grandi tesori, in molti casi non ancora emersi, attraverso un nuovo viaggio nel profondo underground italiano.

Pierpaolo De Iulis | Gianlorenzo Giovannozzi

391 | VOL. 1 MARCHE

SPITTLE1000

Research + Selection: Gianlorenzo Giovannozzi

Memory: Alessandro Bolli

Liner notes: Gianlorenzo Giovannozzi

Audio restoration: Paolo Bragaglia

Cover art: Francesco Pirro

Special thanx: Paolo Bragaglia, Roberto Iacomucci, Aurelio Laloni, Giancarlo Mencucci, Maurizio Pustianaz, Michele Ricci, Roberto Russo and all the bands

 

Concept: Pierpaolo De Iulis, Gianlorenzo Giovannozzi

Production: Simone Fringuelli

CD1

A1 SWBZ: Careering (Ancona, 1981)

A2 3-D STRESS: All the wires are underground (Pesaro, 1981)

A3 THE MANIMAL: Extract from HA (Macerata, 1981)

A4 USASI COBOL: Beside (Fano-PU, 1981)

A5 EXXESS: Walkin’ down the subway (Osimo-AN, 1982)

A6 DAGON: Waltzingrey (Montefano-MC, 1982)

A7 EUROPACK: Religious Neighbors (Fano-PU, 1982)

A8 TZAR’S RE-VOX: The apple (Montefano-MC | Osimo-AN, 1982)

A9 KASPAR & HAUSER: Emozione (Pesaro, 1982)

A10 3B UNIT: Tango in the rain (Montefano-MC, 1983)

A11 ALCATRAZ SOLUTION: Umano, troppo umano (San Benedetto del Tronto-AP, 1983)

A12 MARILYN’S PILLS: Marilyn’s pills (Osimo-AN, 1983)

A13 THE CARRIAGE OX THE XYLOPHONIST: The c. of the x. (Osimo-AN, 1983)

A14 MARLENE: Piccola città (Pesaro, 1983)

A15 JOE D’ELIRIO: Zurich (Osimo-AN, 1983)

A16 THE RAYS OF GOD: Ceiling (Pesaro, 1983)

A17 THE END: The End (Fano-PU, 1983)

A18 PAUL DARK: The rolling hill (Pesaro, 1984)

 

CD2

B1 NUCLEAR SUNSET: New machine (Senigallia-AN, 1984)

B2 VIOLET TONGUES: Strawberry (Osimo-AN, 1984)

B3 SCROTO NERO: Vero uomo (Pesaro, 1985)

B4 THINK TANK: I wanna rap (Ascoli Piceno, 1985)

B5 SCREAMING FLOOR: Passage (Senigallia-AN, 1985)

B6 IZVESTIJA: Izvestija (Ascoli Piceno, 1985)

B7 THE CLOUDS FACTORY: Flowers (Osimo-AN, 1986)

B8 SPASMI: Weddel (Falconara Marittima-AN, 1986)

B9 VOLUPTAS DOLENDI: Innocente (Ancona, 1986)

B10 U-BOOT 319: La folie (Fossombrone-PU, 1986)

B11 SIN-TA: Postwar nightmare (Pesaro, 1987)

B12 NETWORK: Blind (Ascoli Piceno, 1987)

B13 THE ART OF PARTIES: The rain will fall again (Ascoli Piceno, 1987)

B14 BLIND DUMB DEAF: Behind (Pesaro, 1988)

B15 CELERY PRICE: Tra il mare e la notte (Osimo-AN, 1988)

B16 ELECTRIC GARDEN: I belong to you (Ascoli Piceno, 1988)

B17 LESERFAHRT: Seven eyes (Pesaro, 1989)

B18 RED STAR: L’ombra della mia Anima (Osimo-AN, 1989)

 

391 | VOL. 2 PIEMONTE

SPITTLE1001

Research + Selection: Fabrizio Della Porta, Maurizio Pustianaz

Memory: Aldo Chimenti

Liner notes: Fabrizio Della Porta

Audio restoration: Maurizio Pustianaz

Cover art: Francesco Pirro

Special thanx: Gianlorenzo Giovannozzi and all the bands

 

Concept: Pierpaolo De Iulis, Gianlorenzo Giovannozzi

Production: Simone Fringuelli

CD1

A1 CARMODY: Noise reduction (Torino, 1982)

A2 MONUMENTS: Instant funk (Torino, 1981)

A3 CASINO DES IMAGES: Ride (Torino, 1985)

A4 MIXO:  Lust still burning (Torino, 1984)

A5 SYNTHETIC SUN: Tell me what is for (Torino, 1985)

A6 QUIET: Viceversa (Torino, 1987)

A7 NOVOSTJ: Nel vuoto (Torino, 1983)

A8 SUICIDE DADA: Not Satisfied (Pinerolo-TO, 1985)

A9 TEKNOSPRAY: Suburban Death (Torino, 1980)

A10 THE ALCOVE: Sweet Lament (Torino, 1983)

A11 CHROMAGAIN: Season of steel (live) (Torino, 1985)

A12 BUSY & GIGI: The future (Torino, 1984)

A13 PROSTITUTES: Modern dance (Torino, 1986)

A14 NIJINSKY FOLIE: Nuova coscienza (Meina-NO, 1984)

A15 SPA: No Torino (Torino, 1980)

A16 THUGS: Frantic blast (Torino, 1986)

A17 POLITBURO: The secret life (Torino, 1984)

A18 VIRIDANSE: Ixaxar (Alessandria, 1985)

A19 TOMMY DE CHIRICO: Everybody will be what it is (Torino, 1982)

 

CD 2

B1 MITRASCURI: Luce di scarico (Torino, 1986)

B2 LUNA INCOSTANTE: Wars (Cavagnolo-TO, 1982)

B3 BEDLAM: Enshrine the athanor (Torino, 1985)

B4 AQUA: Necronomicon (Torino, 1985)

B5 INTOLERANCE: 24 (Cuneo, 1985)

B6 DEAFEAR: Grey world (Torino, 1984)

B7 DEMOSKOPEA: This time (Torino, 1988)

B8 DESTIJIL: Melting girl (Torino, 1984)

B9 HIROSHIMA: Genocide (Torino, 1982)

B10 MEURSAULT: Still my time (Torino, 1983)

B11 DISPLAY: Midnight (Cuneo, 1985)

B12 LAVORARE STANCA: Tempo perso (Torino, 1982)

B13 MAGRITTE: Fading away (Torino, 1985)

B14 CROMOLUX: Lady of the silence (Alba-CN, 1985)

B15 EAZYCON: Ghost effect (easy connection) (Torino, 1980)

B16 HARR HARR SKEBATH!: Effetto Chernobyl (Torino, 1986)

B17 AFTER MOON GENERATION: Small icy brain (Torino, 1982)

B18 NO STRANI: Copula Bolkan (Torino, 1981)

 

391 | VOL. 3 TOSCANA

SPITTLE1002

Research + Selection: Michele Ricci

Memory: Daniele Locchi

Liner notes: Michele Ricci

Audio restoration: Paolo Favati

Cover art: Francesco Pirro

Special thanx: Alyx, Vittore Baroni, Simone Beccaluva, Massimo Bianchini, Giuseppe Bindi, Paolo Favati, Sandro Fiorentini, Gianlorenzo Giovannozzi, David Picchi, Raga, Gianluca Maria Sorace, Tingis, Andrea Tuccini, Gian Marco Vezzani and all the bands.

 

Concept: Pierpaolo De Iulis, Gianlorenzo Giovannozzi

Production: Simone Fringuelli

 

CD 1

A1 THE ANTENNAS: Crash into flash (Firenze, 1983)

A2 THE GAM ONES: Take me soon (Livorno, 1984)

A3 DIA-TRIBA: I’m in danger (Lucca, 1983)

A4 THE BEESUNTI: In my deepness (Carrara-MS, 1986)

A5 EXIT: Starwind station (Firenze, 1983)

A6 DR. DODO: …E non serve a niente (Firenze, 1985)

A7 LIRICO: Strana vita (Pontassieve-FI, 1985)

A8 COMIDA FRUGAL: One face (Reggello-FI, 1987)

A9 VANISH MEMORY:  I’m running too fast (Grassina-FI, 1986)

A10 YALTA: A new day (Firenze, 1984)

A11 TAPE TRANSFER: Rescue us (Firenze, 1982)

A12 OUT OF SYNC: Mechanic dream (Firenze, 1985)

A13 CHARLY FUN: Shaman (Terranuova Bracciolini-AR, 1984)

A14 L.A.S.’S CRIME: Five lies (Siena, 1987)

A15 PAUL RAY: Killer (Firenze, 1982)

A16 STILL: Rusty leaves (Firenze, 1984)

A17 REDOX: Slow wheel (Firenze, 1986)

A18 PASSIFLORA: Lathe biosas (Cecina-LI, 1986)

 

CD 2:

B1 ALITO CONTROL: Song of hate (Santa Croce Sull’Arno-PI, 1983)

B2 ALOGENA: Taglio sull’iride (Livorno, 1987)

B3 UNCERTAIN SMILE: The sun (Versilia-LU, 1983)

B4 NOT THE SAME JAZZ: Nothing sets in a corner (Firenze, 1989)

B5 HANOMEN IXEN: Berliner steine (Pistoia, 1987)

B6 STROPHARIA MERDARIA: Hero bird (Firenze, 1987)

B7 CIRCOSMOSI: Drean of life, dream of ded (Firenze, 1982)

B8 MOSTRI, UOMINI E DEI: Satellite (Castelfranco di Sotto-PI, 1988)

B9 NEW-DA: New-da (San Casciano in Val di Pesa-FI, 1989)

B10 THANATOU MELOS: Hot lips (Firenze, 1989)

B11 SYMBIOSI: Contatti (Colle di Val D’Elsa-SI, 1987)

B12 ZEHELENDORF: Friedhof (Valdarno Aretino-AR, 1987)

B13 LA DISCIPLINA: Nella festa del calvario (Ponsacco-PI, 1988)

B14 CLAUDIO FUSAI & FRANCO PIRI FOCARDI: Futuro (Rignano Sull’Arno-FI, 1981)

B15 TECNOPLURALS: Esistenzialista (Prato, 1983)

B16 ZOGARTEN: Bed time in Washington (Grosseto, 1987)

B17 QUIDEAU: Standing at the door (Carrara-MS, 1989)

B18 DELTA TAU CHI: Il parcheggio dell’anima (Livorno, 1984)

B19 THE GARDEN: Happy blood (Lucca, 1984)

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GHS15

Van Hunt, The Fun Rises

Van Hunt, nato a Dayton, Ohio si è successivamente affermato sul più ampio territorio di Atlanta, dove ha raccolto grandi consensi nel ruolo di produttore e songwriter, grazie alle collaborazioni scintillanti con Dionne Farris, Rahsaan Patterson e Cree Summer, per non parlare della colonna sonora ‘Love Jones’ che ha ottenuto il disco di platino. Il suo omonimo album di debutto – pubblicato da Capitol nel 2004 – ha introdotto Hunt tra le figure più distinte ed originali del circuito neo-soul. Una sensibilità – la sua – capace di ardire grandi piani, risolvendo le sue composizioni con inserti R&B, jazz-funk, pop e finanche rock ‘n’ roll. Hunt riceve nel 2005 una nomination al Grammy come “Best Urban/Alternative Performance” per la sua hit ‘Dust’, presente proprio nel fortunato esordio. ‘On The Jungle Floor’ è il secondo album – ancora una volta per Capitol – trainato da una strabiliante  ‘Character’ e da una clamorosa cover di ‘No Sense Of Crime’ di Iggy Pop & James Williamson, dal leggendario Kill City. Nel 2007 arriva un Grammy Award come ‘Best R&B Performance By A Duo Or Group With Vocals’ per una spettacolare rilettura di  ‘Family Affair’ – in combutta con John Legend e Joss Stone – apparsa nell’album tributo a Sly & The Family Stone del 2006 ‘Different Strokes For Different Folks’. ‘Popular’ – schedulato nel 2008 per Blue Note – viene ritirato dal commercio prima della pubblicazione ufficiale, facendo lievitare alle stelle i prezzi degli sparuti promo in circolazione. Il contratto viene stralciato e Van Hunt è libero di diffondere i contenuti del disco attraverso la rete. Sarà comunque un successo, grazie al popolo del web si genera una richiesta importante e addirittura LA Weekly ne parlerà come di un classico minore del nostro tempo, per la capacità di saldare trippy fusion, funk grooves, chitarre punk e vocalizzi soul.

Nel 2011 si ritorna sul mercato – indipendente – con ‘What Where You Hoping For ?’ Nel frattempo Hunt si spende dal vivo supportando giganti come Kanye West, The Roots, Coldplay, Mary J. Blige e Dave Matthews Band. Il quinto album, pronto a girare ora sui vostri lettori, vede di nuovo la collaborazione con Thirty Tigers. ‘The Fun Rises, The Fun Sets’ è – a detta del suo autore –  ispirato da Delfonics, Parliament-Funkadelic, Pink Floyd e Billie Holiday. Ascoltandolo a ripetizione facciamo davvero fatica a comprendere come il suo talento non abbia già conquistato l’Europa dopo gli States.

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